«La norma attribuisce una importanza prioritaria alle esigenze di difesa e sicurezza nazionale rispetto a disposizioni ambientali adottate da enti territoriali. Queste ultime disposizioni trovano applicazione, infatti, fino a quando esse non ostacolano o compromettono finalità militari ritenute prioritarie». Se era chiaro fin dal deposito della relazione di accompagnamento, a togliere ogni dubbio sul reale scopo della proposta di legge sui poligoni militari arrivano le parole di chi quella norma l’ha scritta, la deputata Paola Maria Chiesa di Fratelli d’Italia, riportate nei verbali della Commissione Difesa della Camera. 

Qui la scorsa settimana è iniziato l’iter del testo che interviene sul codice dell’ordinamento militare per imporre «la competenza esclusiva dello Stato per le funzioni e le attività in materia di difesa e sicurezza nazionale» e contiene  «la clausola di compatibilità per l'applicazione delle disposizioni in materia ambientale adottate dagli enti territoriali alle aree militari». 

Un tema caldo, in Sardegna, dove chi ci abita ha a che fare con  immense aree addestrative nelle quali si spara per nove mesi all’anno.

La proposta di legge era ferma dalla prima metà del 2024. Il 19 novembre ha ripreso vita ed è entrata all’ordine del giorno, scatenando le reazioni nell’Isola.

La deputata, prima firmataria, spiega che «in un quadro internazionale segnato da minacce in rapida evoluzione e da tecnologie che trasformano le operazioni militari, diventa necessario riconsiderare l'organizzazione dell'apparato amministrativo-militare preposto alla sicurezza nazionale», Per poi evidenziare che «velocità, flessibilità e innovazione impongono un chiaro rafforzamento dell'esclusività statale nella gestione della difesa, dall'organizzazione all'addestramento e alla dislocazione delle unità». 

Così, in nome della sicurezza, ecco la manovra (giuridica) a tenaglia: si propone «di stabilire che le normative ambientali regionali si applichino alle aree militari», quindi ai poligoni, «solo in modo compatibile con le esigenze di difesa, al fine di prevenire contenziosi e garantire la piena prontezza operativa dello strumento militare».  Non solo: si prevede «inoltre l'assimilazione dei siti e delle aree addestrative permanenti ai siti industriali dismessi, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, rafforzando ulteriormente il quadro normativo di tutela della competenza statale». Tradotto: i livelli di contaminazione da sostanze nocive, per parlare di inquinamento, sono innalzati.   

Le interferenze regionali, sostiene l’esponente di FdI, «devono essere escluse». Quindi la Sardegna, anche se il territorio è suo, deve sottostare alle esigenze nazionali, definite prioritarie. E se vuole legiferare, non può farlo «senza il previo consenso dello Stato Maggiore della Difesa». 

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