Duemila dipendenti dell’Arst senza stipendio perché non c’è nessuno che firmi il via libera ai pagamenti. Non lo fa l’ex amministratore unico, Roberto Neroni, silurato nei giorni scorsi, prima della scadenza del mandato, con una delibera portata in Giunta dalla presidente Alessandra Todde. E non può farlo il successore nominato con lo stesso atto, il commercialista Giovanni Mocci, che non ha ancora preso servizio. Pare possa agire il collegio sindacale, ma per ora la mossa non è stata fatta. Nel limbo, a farne le spese – e a non poter fare la spesa se non hanno risparmiato – ci sono i lavoratori dell’azienda sarda dei trasporti controllata dalla Regione. A monte ci sono retroscena, scambi di lettere e documenti che tratteggiano un quadro che assomiglia tanto a un pasticcio.  

Le delibera

Tutto inizia il 4 luglio, con una riunione di Giunta. La presidente Todde porta all’attenzione degli assessori una delibera che non era all’ordine del giorno: è la nomina di Mocci al posto di Neroni. Il benservito allo storico dirigente regionale nel documento viene motivato facendo ricorso all’articolo 19 dello statuto dell’Arst, che prevede la rimozione per giusta causa dell’amministratore. In tutto il  testo non ci sono riferimenti a episodi specifici, ma si parla di necessità di rilancio della società, da soddisfare con una conduzione unica per i prossimi anni. Insomma: Neroni, che sarebbe scaduto tra molti mesi, deve cedere il passo al nuovo che avanza. A voce, nei corridoi della Giunta, viene “rivelato” che ci sarebbero non meglio precisate esigenze legate a presunti terremoti giudiziari in vista (dei quali al momento non c’è traccia). Gli alleati approvano la delibera. 

Lo scambio

Mocci, però, non può firmare subito il contratto: gli uffici di vari assessorati -Trasporti in testa –  devono verificare che non ci siano incompatibilità e che sia tutto in regola. Ma nel frattempo le busta paga sono pronte, qualcuno deve dare il via libera ai bonifici. Chi? 

L’8 luglio il collegio sindacale dell’Arst – prima firma Andrea Drago – scrive ai vertici della società:  sostiene che sia «necessario convocare tempestivamente l’assemblea dei soci» per deliberare sulla nomina dell’amministratore unico, attribuirgli i poteri e stabilirne il compenso. E la riunione, secondo il collegio, deve essere convocata da Neroni. Per lui arriva un’altra sollecitazione. Stavolta la comunicazione porta la firma di Luca Caschili, potente capo di gabinetto di Alessandra Todde e tra i principali sponsor politici di Mocci: il 9 luglio spedisce una Pec a Neroni, che nell’intestazione fa risultare ancora come amministratore unico. Gli intima di «attenersi scrupolosamente a quanto indicato dal Collegio sindacale» il giorno precedente. 

La replica di Neroni

Letto il documento, Neroni non si scompone. Accende anche lui il Pc e risponde. Dice, in sintesi: l’atto di revoca della mia nomina, secondo il codice civile, è immediatamente efficace, quindi io non sono più amministratore (riservandomi di contestare la delibera) e, in più, avete deciso voi di “licenziarmi” per giusta causa, quindi è escluso il regime di prorogatio. «Il sottoscritto», puntualizza Neroni, «è cessato dalla carica fin dalla comunicazione della delibera» del 4 luglio.  Il dirigente regionale (in pensione) aggiunge: «L’immediata cessazione dalla carica non pone alcun problema di operatività della società, in ragione del ruolo vicario riconosciuto dalla legge al collegio sindacale». Lo stesso organo che gli intima di provvedere alla convocazione dell’assemblea che deve benedire l’ingresso del successore. 

Il resto è cronaca delle ultime ore: stipendi non pagati, una diffida firmata da tutti i sindacati del settore trasporti e la minaccia di uno sciopero nella più grossa società per azioni pubblica della Sardegna. 

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