La Corte Costituzionale ha dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato il ricorso promosso dalla Regione Sardegna contro alcune disposizioni del decreto-legge n. 84 del 25 giugno 2024, poi convertito nella legge n. 115 dell’8 agosto 2024, che contiene norme urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico.

Con la sentenza n. 136, depositata oggi, la Consulta ha respinto le contestazioni mosse dalla Regione circa una presunta lesione delle proprie competenze statutarie. Al centro del ricorso, le norme relative al riconoscimento del carattere strategico di alcuni progetti di estrazione, trasformazione e riciclo di materie prime critiche, nonché le procedure autorizzative, l’avvio delle attività di ricerca e l’approvazione degli strumenti di pianificazione nel settore.

In una nota della Corte costituzionale si legge che «nel ricorso la Regione ha sostenuto che le disposizioni impugnate avrebbero leso le proprie competenze legislative statutarie in materia di “ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico e economico del personale”, di “acque minerali e termali”, di “esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline”, di “industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave e saline”, unitamente alle corrispondenti funzioni amministrative, e che avrebbero altresì violato il regolamento numero 2024/1252/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, istitutivo di un quadro atto a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche».

«Dichiarata l’inammissibilità di alcune delle censure sollevate dalla Regione, nel merito la Corte ha affermato che le disposizioni impugnate non violano le competenze legislative regionali, in quanto risultano adottate nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento eurounitario, costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale e sono prevalentemente riconducibili a materie trasversali di competenza esclusiva statale, quali in particolare la tutela della concorrenza e dell’ambiente». «Le disposizioni impugnate – conclude la Consulta – non ledono le rivendicate competenze amministrative, in quanto la loro qualificazione come norme fondamentali di riforme economico-sociali e la loro riconducibilità a materie trasversali di competenza statale ne impongono l’omogenea attuazione su tutto il territorio nazionale». La sentenza conferma quindi la legittimità dell’impianto normativo statale.

(Unioneonline/v.f.)

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