Un paziente su cinque resta in attesa per  più di otto ore. Succede al Policlinico Duilio Casula, secondo l’ultimo rapporto Agenas sulle  performance degli ospedali italiani dove, insieme a dati lusinghieri sulla qualità assistenziale dell’ospedale di Monserrato, si evidenzia un dato molto negativo relativo ai tempi medi di permanenza nel pronto soccorso.

Ma quali sono le cause? A provare ad andare oltre il dato, e ad analizzare fatti e contesto,  è il commissario straordinario dell’Aou, Vincenzo Serra.

Inizia con una precisazione: «Quelle di Agenas», ossia l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, «sono statistiche riferite al 2024», quindi a un periodo precedente al suo ingresso al vertice dell’azienda sanitaria. 

Ma il punto non è questo: «L'indicatore esprime un valore molto negativo ma non va collegato ad una incapacità organizzativa o assistenziale in carico al pronto soccorso. Questo è assolutamente inaccettabile, in quanto ritengo il Pronto soccorso di Monserrato un'eccellenza della sanità sarda».

Il contesto assistenziale dell'area sud Sardegna, secondo il commissario straordinario, «è spesso oggetto di approfondimenti pubblici e tocca i temi comuni a tutta Italia, legati a: bisogno di salute crescente dovuto al continuo invecchiamento della popolazione, ⁠ ⁠assistenza territoriale che non sempre riesce a garantire un filtro all'accesso incontrollato al Pronto soccorso,  ⁠chiusura negli anni di diversi ospedali cittadini (San Giovanni 10 anni fa, Marino e Binaghi 4 anni fa),  ⁠temporanee chiusure di reparti negli ospedali periferici legate a carenze negli organici, ⁠ ⁠tempi d'attesa molto lunghi sulle visite ambulatoriali. Ma anche pazienti ospedalieri che, pur avendo terminato la fase acuta, non trovano sbocco nelle diverse forme di assistenza post acuta (riabilitazione post acutzie, Adi, Rsa, ecc)».

Il ritultato è che tutti finiscono in pronto soccorso, perché mancano alternative «e questo genera fatalmente una saturazione dei letti disponibili nell'ospedale».

Il tasso di occupazione dei posti letto del Policlinico, prosegue Serra, «evidenzia frequentemente picchi del 130-140%. Questa situazione, da tempo nota a tutti, pone l'ospedale di fronte a due opzioni. O dichiarare temporaneamente chiuso il pronto soccorso al fine di smaltire l'overbooking, con il rischio di generare un inevitabile effetto domino sugli altri, pochi, ospedali cittadini ancora aperti. Oppure continuare ad accogliere i pazienti che hanno bisogno di assistenza, attivando anche le barelle disponibili al Pronto soccorso, e garantendo, con grande sacrificio degli operatori, i pazienti attraverso le consulenze degli specialisti di reparto».

Questa seconda ipotesi ha raggiunto picchi di 20-25 pazienti che sostavano in Pronto soccorso anche per 5-6 giorni. Tutto ciò «genera la crescita esponenziale dell'indicatore sui tempi di permanenza in pronto soccorso. Ricondurre questo a carenze organizzative o assistenziali evoca il paradosso di essere identificati con il "male" che si vuole combattere».

(Unioneonline)

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