Appena annunciati i risultati delle elezioni europee, sono iniziati i calcoli per possibili alleanze fra le varie forze sovraniste emerse e rafforzate dal voto. L'asse Italia-Francia sta cercando di unire gruppi di simile pensiero provenienti da Germania, Austria, Finlandia, Repubblica Ceca, Belgio, Danimarca e Estonia, ma per ora manca l'alleanza del britannico Nigel Farage e del suo Brexit Party. Una mancanza lampante visto che Nigel Farage è il padre spirituale dell'Euroscetticismo moderno e, se una uscita dall'UE è lo scopo finale dei sovranisti, sicuramente il suo successo, per ora, non ha uguali.

Al momento il Brexit party e i suoi 29 europarlamentari fanno parte, con i 5 stelle, dell'EFDD - l'Europa della Libertà e Democrazia Diretta. Come leader del gruppo, Farage è riuscito a sfruttarne la visibilità. Avendo sempre usato il parlamento europeo come piattaforma per i suoi discorsi, Farage sa che non sarebbe mai lui il capo di una alleanza con Salvini e Le Pen.

L'EFDD potrebbe anche non avere i numeri per formare un gruppo nel prossimo parlamento, ma in realtà per Farage tutti questi discorsi sono secondari. Sono vent'anni che lui cerca di destabilizzare i poteri europei da dentro il parlamento. Ora il suo unico scopo è far uscire il Regno Unito dall'Unione. Non ha più bisogno della piattaforma europea, con tutti i suoi calcoli e complotti. Da buon sovranista, per Farage qualsiasi alleanza internazionale è secondaria alle priorità interne.

Nigel Farage rimane comunque una persona di riferimento per molti politici sovranisti europei, partendo proprio da Matteo Salvini. Ma le dinamiche che hanno portato il suo Brexit Party al 30% e il ruolo di Farage stesso nella politica britannica hanno delle differenze fondamentali con la situazione italiana.

Prima di tutto, Nigel Farage non è mai veramente stato un leader politico. Non è una coincidenza che il suo partito abbia fatto bene alle Europee, che sono un voto proporzionale. Nelle elezioni nazionali il sistema britannico è maggioritario, e ogni membro del parlamento deve vincere la maggioranza assoluta in uno dei 650 collegi elettorali.

Il partito di Farage (prima UKIP, poi Brexit Party) dalla nascita nel 1993 a oggi ha avuto solo due membri del parlamento a Westminster, Farage stesso non è mai stato un deputato.

Nella sua lotta per la Brexit, questo si è rilevato un vantaggio. Quando Farage attacca la classe politica, accusandoli di distacco con la popolazione, di incapacità e di abuso di potere, lo fa da estraneo. Farage non ha mai fatto parte del governo, della opposizione ufficiale o di gruppi parlamentari.

Le sue critiche verso la politica dominante potranno pure essere considerate ingiuste o esagerate, ma almeno lui può dire di non averne mai fatto parte. Lo stesso non si può dire della Lega, che da decenni ha un ruolo importante del sistema politico italiano.

La vittoria di Farage nel Regno Unito è stato un esempio di populismo puro, dove la strategia di come far passare il messaggio è importante quanto il messaggio stesso.

Nelle settimane prima del voto, Nigel Farage ha parlato molto poco di immigrazione, il tradizionale cavallo di battaglia dei sovranisti e tema chiave della narrativa pro Brexit. Il suo messaggio invece era focalizzato sul presunto tradimento da parte della classe politica, che vorrebbe sovvertire la volontà del popolo, e negare la Brexit. Non c'era un manifesto oltre la promessa di una Brexit subito, anche senza accordo. Gli elettori hanno premiato la chiarezza del suo messaggio, ma senza dargli vere responsabilità.

Il successo di Farage alle Europee avrà sicuramente un impatto su chi diventerà il futuro leader dei conservatori, e potrebbe anche spingere i laburisti a decidere se sostenere un altro referendum oppure no.

Ma la realtà è che in Inghilterra Nigel Farage ha influenza, ma non potere. Mentre invece in Italia il potere sembra consolidarsi sempre di più nelle mani di un solo uomo.

Barbara Serra

(Giornalista, conduttrice di Al Jazeera a Londra)
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