Nieddu: “Stop assembramenti o addio bianco”
L’assessore è fiducioso, ma avverte: “Prudenza e usiamo le mascherine”
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Anche questa settimana la Sardegna scampa la zona gialla.
«Sì, ma dobbiamo essere tutti coscienti che è necessario fare attenzione».
Con il tracciamento in tilt, l’epidemia si sta diffondendo sottotraccia.
«Quando l’incidenza supera i 50 casi settimanali per 100mila abitanti (l’Isola ha 147,93; dati Agenas) il tracciamento dei contatti diventa problematico. Succede ovunque...».
La conseguenza diretta, però, è che in giro c’è gente che diffonde il virus.
«Il che è preoccupante, anche perché ci sono assembramenti ovunque, non solo nei locali dei litorali. La gente non ha capito che anche all’aperto, in certe situazioni, bisogna continuare a portare la mascherina e a osservare il distanziamento. Altrimenti il virus circola e, se è vero che colpisce soprattutto i giovani perlopiù in maniera asintomatica, vediamo che pure i ragazzi finiscono in ospedale».
Nel pieno della seconda estate di pandemia, i sardi si ritrovano con i paesi senza l’assistenza di base, guardie mediche scoperte, servizi ospedalieri cancellati causa Covid. Il tutto mentre incombe la riforma sanitaria, s’avvicina l’ombra del rimpasto di giunta, e in Consiglio regionale le forze di maggioranza discutono di poltrone. Anche di quella dell’assessore alla sanità Mario Nieddu, leghista di ferro. Sessantatré anni, medico dentista con laurea in odontostomatologia, gavetta nella medicina territoriale e una lunga esperienza da sindacalista, chiarisce che è più preoccupato per la pandemia che per la sua poltrona. «Gli assembramenti non portano mai bene».
I controlli sono insufficienti.
«Purtroppo è vero. L’ho fatto presente ma evidentemente da parte delle forze dell’ordine non c’è la possibilità di fare controlli in maniera capillare. Adesso poi, con la stagione turistica e una popolazione che in Sardegna è almeno raddoppiata, diventa molto più complicato».
È cominciata la riconversione dei reparti ordinari in aree Covid.
«Con il numero di positivi che stiamo registrando dobbiamo tenerci pronti».
Si stanno levando servizi agli altri malati.
«Per quanto possibile si trovano soluzioni alternative, ma è vero che la pandemia ha penalizzato chi soffre di altre patologie. È successo ovunque nel mondo».
Da noi però c’è una cronica mancanza di medici specialisti, soprattutto anestesisti.
«Mancano anestesisti, cardiologi, medici di emergenza e urgenza, e l’elenco continua. Per questo stiamo bandendo i concorsi. I partecipanti, però, sono sempre meno dei posti disponibili...».
Perché?
«Perché non ci sono specialisti. Sarò pure un disco rotto, ma trovo incredibile che qualche consigliere dell’opposizione punti il dito contro questa giunta come se la colpa di questa situazione fosse nostra. La colpa è la sua e di chi ha governato insieme a lui».
Ai cittadini che chiedono servizi sanitari adeguati forse importa poco di chi è la colpa, no?
«Cosa devo dire se ho trovato solo 29 borse di specializzazione regionali di area medica? Noi le abbiamo portate a oltre 250, di area medica e non medica, cioè borse anche per farmacisti, biologi, chimici eccetera. Chi verrà dopo di me troverà una situazione migliore perché sto mettendo le basi per avere tra quattro, cinque anni, un numero di medici specialisti adeguato alle esigenze del sistema sanitario della Sardegna».
Nell’assistenza territoriale qualche aggiustamento si sarebbe già potuto fare, no?
«Quando è esplosa la pandemia sa in che condizioni abbiamo trovato i servizi di Igiene pubblica? Un deserto, non c’era personale. In fretta e furia abbiamo dovuto rimettere in piedi una struttura che era allo sbando. Vale anche per il resto. Parlo di quello che ho trovato e di quello che sto gestendo partendo da ciò che ho trovato, a cominciare da una spaventosa carenza di medici. Stiamo lavorando, ma tutto quello che potevamo fare finora l’abbiamo fatto».
Ad esempio?
«Abbiamo bandito 63 concorsi, assunto anche i medici non specialisti, anche quelli semplicemente laureati e abilitati. Se non ci sono medici non li posso fabbricare».
Può davvero spiegare così la mancata copertura delle guardie mediche?
«Abbiamo bandito i posti, ma pochi hanno accettato. In Gallura, per esempio, su 90 posti hanno accettato in quindici. I medici idonei stanno facendo servizio anche nelle Usca e alle vaccinazioni. La verità è che stiamo gestendo una pandemia con forze che non erano sufficienti nemmeno per una gestione ordinaria».
Dice lo stesso anche a chi abita in un paese senza medico di base?
«Abbiamo fatto i bandi del 2018, ‘19, ‘20, perché anche lì abbiamo trovato arretrati. Siamo pronti a fare il bando 2021. Il problema, però, è che in certe sedi i medici non vogliono andarci e noi non possiamo obbligarli».
Una soluzione ci dovrà pur essere.
«Per questo la settimana scorsa ho convocato i sindacati della medicina generale. Mi hanno risposto che le soluzioni passano per la modifica degli accordi collettivi nazionali di lavoro. Ci devono pensare il governo e le parti, non può farlo l’assessore alla sanità. Una cosa però l’ho chiesta...».
A chi?
«Al ministro Speranza. Gli ho scritto facendo presente che le Regioni non possono gestire una situazione straordinaria con strumenti ordinari. Ho chiesto che ci dia strumenti straordinari. Ad esempio la possibilità di decidere che, se voglio andare in deroga a un accordo o a un contratto collettivo nazionale di lavoro, lo posso fare. Che se mi serve un medico a 100 chilometri di distanza, lo posso mandare».
In tema di vaccini, anche in Sardegna il problema è convincere gli over60 che non vogliono AstraZeneca.
«Per questo, prima ancora della Lombardia, ho deciso di farli vaccinare con Pfizer e Moderna. Era l’unica soluzione».
Nessuna soluzione per i mal di pancia in maggioranza?
«In che senso?».
Non sente vacillare la sua poltrona?
«Non credo proprio».
Vuol dire che è intoccabile?
«In questo momento sicuramente sì».
Udc e Psd’Az vogliono far valere i numeri, qualche poltrona della Lega dovrà pur cadere.
«E chi l’ha detto?».
Lo dice il peso delle forze politiche.
«I numeri contano, ma bisogna vedere le conclusioni dal punto di vista della politica».
Giorgio Oppi lo soffre più lei o Massimo Temussi, commissario dell’Ats?
«Di Temussi non so. Io non soffro nessuno, nemmeno Oppi».
Difficile non pensare che la riforma si risolverà nella solita girandola di poltrone.
«Le poltrone sono più o meno uguali. La differenza sostanziale, invece, è che finalmente i cittadini potranno contare di nuovo sulla vicinanza delle Asl, cioè delle strutture che erogheranno i servizi sanitari. Tutte le incombenze burocratiche verranno trasferite ad Ares, l’azienda di servizi. In questo modo i manager potranno dedicarsi a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria, ciò che ci sta pesando in questo momento».
Piera Serusi