L’imprenditore Flavio Carboni nella sua carriera ha «regolarmente» intestato ad altre persone beni e società di sua proprietà, e così ha fatto anche nel 2016 con imbarcazioni, veicoli e quote aziendali per un valore superiore ai 20 milioni di sterline; non c’è la prova però che in quest’ultimo caso lo abbia fatto «in modo fraudolento» per evitare l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale da parte dell’autorità giudiziaria. Così, mancando da una parte l’elemento soggettivo, cioè la volontà di spogliarsi di beni a rischio sequestro, e nel secondo reato anche l’elemento oggettivo, il processo termina con l’assoluzione dell’anziano imprenditore di Torralba e degli altri sette imputati accusati a vario titolo di associazione per delinquere (il fatto non sussiste) e trasferimento fraudolento di valori (il fatto non costituisce reato).

Accuse e imputati

La sentenza pronunciata ieri dai giudici della seconda sezione penale, che ha abbracciato le richieste degli avvocati difensori e dello stesso pubblico ministero Guido Pani, consente a Carboni di festeggiare nel migliore dei modi il suo novantesimo compleanno, che cade proprio oggi. Con lui, che nella iniziale ricostruzione aveva «costituito, organizzato e diretto il sodalizio» criminale, escono puliti dal processo anche la moglie Maria Laura Scanu Concas, Antonella Pau e Lorenzo Di Martino (tutti e tre rispondevano del reato associativo assieme a Carboni), Ugo Benedetti, Fabrizio Avondoglio, Diego Carboni e Luisella Corda.

Le indagini

L’inchiesta era stata avviata sei anni fa dalla Direzione distrettuale antimafia quando il Gico della Guardia di Finanza aveva scoperto che Carboni, nullatenente, aveva a disposizione auto (Mercedes Cls, Audi Q7, Hummer H2 e H1 per un valore di oltre 100mila euro) e un gommone (Capelli tempest, 65mila euro), fatti prescritti, quote societarie (Itr srl, Exagon Housing system a Londra, Gracom ltd a Londra, Italgraphene srl a Cagliari) e un ufficio a Roma in via Ludovisi (sede della Itr, società del valore di «80mila euro»). Beni intestati ad altre persone che militari e pm avevano ritenuto prestanome dell’imprenditore sardo, in ipotesi titolare di quei beni del valore superiore ai 20 milioni di sterline. Al via del processo gli inquirenti avevano ricordato che già nel 1987, nel 1988 e nel 1994 la Procura di Roma aveva chiesto per Carboni una misura di prevenzione personale e patrimoniale: le domande erano state respinte ma ricordarlo a loro dire era utile per dimostrare l’abitudine dell’imprenditore nel mettere in piedi «fraudolenti trasferimenti di valori».

Le richieste

Nel frattempo però l’undicesimo imputato (Riccardo Piana, accusato di trasferimento fraudolento di valori) aveva scelto il rito abbreviato ed era stato assolto dal gup. Così ieri il pm ha ritenuto di «condividere» le valutazioni del giudice sulla carenza dell’elemento soggettivo (Carboni mai aveva saputo delle precedenti richieste di sequestro tra l’altro) e ha chiesto l’assoluzione per tutti. Come hanno fatto anche gli avvocati Roberto Sorcinelli (per i due Carboni, Scanu e Pau), Annamaria Busia (per Corda e Avondoglio), Alberto de Vita (Di Martino) e Gianni Scarpato (Benedetti).

An. M.

© Riproduzione riservata