I segreti dell'affare chimico di Macchiareddu
I rapporti tra l'Eni e la neonata società del Cavalier Todisco. Gli strani acquisti di soda causticaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Ci sono i fenicotteri rosa che sorvolano le montagne bianche di sale. C'è maestoso il Monte Arcosu che sorveglia la piana di Macchiareddu e le consunte ciminiere dell'Eni. E, poi, ci sono segreti blindati, documenti vietati e l'albergo tutto stelle e affari nel cuore di Cagliari. La vendita degli ultimi impianti della chimica sarda da parte della potentissima Eni ad una società sconosciuta, e con poche settimane di vita, non è roba da sobborghi. La partita è internazionale, con mille e un segreto. Documenti e incontri che dovevano restare blindati nelle casseforti dell'Ente di Stato. Quello del regno che fu di Enrico Mattei è un vero e proprio governo parallelo dell'economia, degli affari esteri e dell'industria nazionale. Da sempre, in quest'Italia petrolifera, non c'è foglia che si muova che l'Eni non voglia. L'affare di Macchiareddu è uno dei tanti, scritti e negoziati sulla testa della Sardegna, dei lavoratori e dell'ambiente. Nessuno tocca palla nelle operazioni marchiate dal cane a sei zampe. Chi si azzarda a protestare si ferma quando c'è da andare oltre il comunicato stampa.
Segreti & Suites
Eppure sulla cessione dell'ultimo baluardo della chimica sarda si celano documenti riservatissimi e vertici nascosti consumati nei privè degli alberghi più fashion della Cagliari mondana. Che l'operazione di vendita degli impianti di cloro-soda di Macchiareddu ad una società povera in canna, appena 100 mila euro di capitale, nata appositamente per l'occasione, fosse un piano studiato a tavolino lo si poteva solo intuire. Giorno dopo giorno, però, i piani di dismissione dell'Eni si sono delineati nel segreto dei palazzi dell'Eur a Roma. Missione assoluta: disfarsi a tutti i costi degli asset sardi. Dietro le quinte c'è il tema ambientale e il costo sociale di una chiusura per la quale l'Eni non vuole responsabilità dirette.
Doppia mossa
Non chiude, ma vende. Agisce con la logica del mandante, senza lasciare impronte digitali nei licenziamenti. Ottiene due risultati con un'unica mossa: si libera di molte incombenze ambientali, anche se alcune sostiene di volerle mantenere, e non si assume l'onere di licenziare tutti. Un'operazione da mani pulite. Delega tutto, tra Natale e Capodanno scorsi, ad un signore che non arrossisce quando l'accusano di acquistare impianti chimici con il solo intento di acquisire quote di mercato per, poi, abbandonarli a se stessi. Non ne fa mistero. E non è un caso che la società che, a fine marzo, dovrebbe concludere l'acquisto dei tre asset di Macchiareddu, la Società Chimica Assemini, costituita il 15 dicembre del 2020, non abbia mai prodotto in vita sua manco un litro di salamoia per una grigliata di paese.
Commercio chimico
Il codice di registrazione alla Camera di Commercio è chiaro: "Commercio all'ingrosso di prodotti chimici". Tutto, apparentemente, alla luce del sole. Della produzione chimica, al patron di questa neonata società, in realtà, interessa poco o niente. L'obiettivo è uno solo: acquisire quote di mercato. E la "Luigi Conti Vecchi S.p.A.", la società che governa gli asset di Macchiareddu per conto dell'Eni, di mercato ne ha tanto. Non gli basta nemmeno quello che produce per soddisfare le esigenze dei suoi clienti primari. E, anche per questo, da tempo, acquista dai buyer internazionali il prodotto che gli manca per soddisfare le richieste. Nonostante ciò l'Eni vende e Antonio Donato Todisco, toscano di Pisa, si prepara a comprare, dopo aver firmato, il 27 gennaio scorso, il preliminare di vendita. Non tutte le ciambelle dell'Eni, però, escono con il buco.
Il piano in tilt
Il piano dell'Ente di Stato va in tilt il nove febbraio scorso. I carabinieri circondano, su mandato della Procura di Brescia, il complesso industriale della Caffaro Brescia srl. L'ordine dei magistrati non ammette sotterfugi: un'ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, Adriana Sabatucci, dispone il sequestro di tutti gli impianti. I reati contestati sono inquinamento ambientale e deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi. Il provvedimento giudiziario riguarda direttamente l'interlocutore dell'Eni per la vendita di Macchiareddu. Per Donato Antonio Todisco, considerato dal Tribunale co-amministratore di fatto della società bresciana, scatta l'interdizione ad esercitare uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese. Per lui e altri due vertici della società c'è anche il sospetto del reato di disastro ambientale. Interdizione, ovvero divieto assoluto di svolgere qualsiasi attività legata alle proprie attività economiche.
Niente stop
La partita sarda in teoria, dopo quella doccia gelata, si sarebbe dovuta fermare senza colpo ferire, visto che uno dei due contraenti, l'acquirente di Macchiareddu, Todisco, era stato messo, "obtorto collo", fuori gioco proprio dalla procura lombarda. E, invece, nulla. L'Eni, come se niente fosse, non si ferma e punta dritto alla definizione della vendita. Un'operazione sul filo del rasoio, non solo penale. In ballo c'è anche il codice etico di Eni, sempre sbandierato ai quattro venti, ed ora messo a rischio da un'operazione che appare tutt'altro che chiara. Antonio Donato Todisco, per le sue puntate in terra sarda, predilige l'albergo tutto sfarzo e cotillons dove tanti affari si aprono e si chiudono. Se quelle pareti impeccabili dovessero raccontare le entrate e le uscite del 15 febbraio scorso emergerebbe una cronologia d'incontri utile a capire in tutti i suoi aspetti l'operazione Macchiareddu. Di certo nelle lussuose suites dell'hotel stile "spy story" è entrato Mister Todisco.
007 di fabbrica
Se ne accertano con i propri occhi gli agenti 007 dei lavoratori e gli stessi funzionari in borghese delle forze dell'ordine che controllano le mosse degli inviati di fabbrica. Il manager, appena interdetto dai giudici di Brescia, non sembra sbarcato in terra sarda per una vacanza post stress giudiziario. Si muove con fare circospetto e la spavalderia dell'ignoto. Nelle stesse ore entrano nella hall anche i tre principali acquirenti sardi di prodotti chimici made in Macchiareddu. Solo i muri potranno dire se la presenza dei quattro dentro lo stesso albergo sia stato un caso fortuito. Gli amministratori delle società sarde, del resto, da soli garantiscono l'acquisto di almeno il 50% delle produzioni del Cloro-Soda di Assemini. In tre forniscono le materie prime alla maggior parte delle industrie sarde. Vendono di tutto, dalla "Soda al 30%", all'ipoclorito e all'acido cloridrico. Tutti elementi fondamentali nella gestione degli impianti idrici e non solo. In pratica sono i principali fornitori di Abbanoa, che quei prodotti deve obbligatoriamente usare nel ciclo di produzione dell'acqua. Una fetta del mercato che Todisco non vuole perdere per alcun motivo, qualora l'operazione Macchiareddu dovesse andare in porto. I muri delle suites, per adesso, però, non parlano.
Top secret
A vuotare il sacco su quello che sta accadendo a Macchiareddu e dintorni sono, però, i documenti segreti blindati negli uffici invisibili della Società Chimica di Assemini, quella nata lo scorso anno alla vigilia dell'arrivo di Babbo Natale. Il dono, si fa per dire, per la società creata da Antonio Donato Todisco, cavaliere nientemeno dell'Ordine del Santo Sepolcro, arriverà, però, agli inizi di marzo. In pochi sanno cosa significa diventare fornitori dell'Eni: una sorta di manna dal cielo. Ci vogliono mesi, se non anni, per entrare nell'élite della vendor list, l'elenco esclusivo di coloro che possono vendere direttamente all'ente di Stato. Se vuoi farti acquistare qualcosa dal cane a sei zampe devi passare nelle forche caudine dei certificatori di qualità. Altrimenti non entri, a meno che non ti chiami Todisco. Il documento vietato di cui siamo entrati in possesso, e che pubblichiamo integralmemte, è un atto destinato a scardinare molti segreti sull'operazione di vendita della fabbrica di Assemini. Si tratta di un acquisto senza precedenti, con tanto di quantitativi e tempi di carico e scarico della materia prima.
Acquisto caustico
Messa nero su bianco c'è una stranissima compravendita di una materia prima che gli uomini dell'Eni registrano nei libri aziendali il 7 marzo scorso. L'Ing. Conti Vecchi S.p.A. acquista una montagna di soda caustica per un valore di 572 mila euro. Si tratta di una nave carica di soda caustica che in Sardegna, però, non passerà mai. Andrà dritta a Priolo e Livorno. Ciò che più è strano in questa operazione, però, è che l'Eni compra questa partita ciclopica di soda caustica, 5.000 tonnellate, direttamente dalla Società Chimica Assemini, proprio quella appena fondata da Todisco, quella che non ha nemmeno tre mesi di vita. Una società che non ha mai prodotto un litro di soda caustica, che non ne ha mai venduto nemmeno una bottiglia. Una partita tutta da spiegare, con molti interrogativi e troppi dubbi. Resta, infine, aperta la questione ambientale.
Veleni off limits
Le immagini che pubblichiamo sono le prime di una lunga serie che abbiamo documentato dentro lo stabilimento di Macchiareddu. Un degrado ambientale senza precedenti con agenti inquinanti, a partire dal mercurio tossico, sparsi ovunque. Non c'è da preoccuparsi. Todisco, l'acquirente predestinato, secondo i giudici di Brescia, è un esperto.
Esperti provetti
Il procuratore aggiunto, Silvio Bonfigli, che ha visitato il sito della Caffaro a Brescia, produzioni analoghe ad Assemini, con il Cavalier Todisco a capo, racconta il quadro degli ultimi giorni prima del sequestro della fabbrica: «C'è un aggravamento della situazione in atto. Il cromo esavalente percola, abbiamo visto il mercurio che galleggia nel suolo». Alessandra Sabatucci, giudice inquirente, nelle stesse ore parla di Todisco e dei soci: «Gli indagati erano pienamente edotti circa le problematiche ambientali nonché, dato ancora più inquietante, delle condotte virtuose esperibili per porvi rimedio». Tutti interdetti da ogni funzione perché, in tanti anni, non hanno fatto niente per eliminare l'inquinamento. A Macchiareddu il sale illumina la giornata, il mercurio la rende cupa.
Mauro Pili