Doveva tornare nel patrimonio della Regione già dal 2008: il colle di Sant’Elia, con il fortino di Sant’Ignazio in cima e, più giù, il faro di Calamosca, era una punta di diamante dei beni militari dichiarati immediatamente dismissibili sulla base di un accordo Stato-Regione.

Invece adesso la società Difesa Servizi Spa, che fa capo al Ministero della Difesa ed è nata per mettere a reddito (in favore di Roma) i beni militari, ha emanato un bando per far piazzare proprio lì, su un terreno dichiarato di 37 ettari, una distesa di pannelli fotovoltaici, dichiarando un valore dell’operazione stimato in 26.940.856,25 euro. Un fronte di silicio con vista sul Golfo degli Angeli. L’operazione si chiama Energia 5.0, riguarda altre aree con le stellette in tutta Italia e il business generale, nazionale,  ammonta a 768.178.468,75 euro.

Il verbale 

Solo che da questa parte del Tirreno pare esserci un problema di proprietà su quel lembo di terra panoramica. Basta tornare indietro negli anni, e negli atti, e ci si imbatte negli accordi firmati da Renato Soru presidente e Enrico Letta sottosegretario. Regione e Stato che avevano trattato le dimissioni delle servitù. Poi ci sono addirittura “verbali di consegna anticipata” sottoscritti con l’Agenzia del Demanio e con la Sezione del Genio Militare per la Marina di Cagliari  come controparte, che recitano: si consegna alla Regione (...) «il comprensorio denominato “Fortino di S. Ignazio” - ubicato a Cagliari in località Colle S. Elia, distinto in Catasto Terreni al Foglio 27 del Comune Censuario di Cagliari, della superficie di mq 495.780 circa». Il colle di Sant’Elia che adesso Difesa servizi vuole far fruttare, sfruttando il sole, affidandolo a privati pronti a investire. 

La notizia è diventata di dominio pubblico. Ed è scoppiata la polemica. 

«L’inserimento nel disciplinare di gara dei 37 ettari di terreni militari sul colle cagliaritano di Sant’Ignazio a Sant’Elia compromette quanto già avviato dall’accordo Stato-Regione firmato nel 2008 tra l’allora presidente della Regione Renato Soru e il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri Enrico Letta, che prevedeva la restituzione alla Regione Sardegna di ben 350 beni demaniali militari, inclusi i siti oggetto del bando di gara suddetto», attacca il presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini, che aggiunge: «Un accordo rafforzato successivamente dal presidente  Francesco Pigliaru e dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti. Pertanto, nessun parco fotovoltaico dovrà e potrà sorgere in quelle aree già destinate ad entrare nel patrimonio regionale».

Comandini ha scritto al ministro della Difesa, Guido Crosetto e ha invitato «l’esponente del governo nazionale a rispettare gli accordi e, a tutela delle prerogative autonomistiche della Sardegna di intervenire, con la massima urgenza, presso l’Agenzia Difesa Servizi Spa affinché i succitati siti, ricadenti nel comune di Cagliari, vengano rimossi dall’elenco dei beni demaniali messi a gara. Quei terreni devono tornare nella disponibilità dei sardi».  Il presidente precisa nella lettera che l’inserimento nel disciplinare di gara dei terreni di Sant’Elia «va anche contro l’articolo 14 dello Statuto speciale per la Sardegna, dove si legge chiaro che “la Regione, nell’ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali”».

La battaglia per la restituzione del colle va avanti da vari lustri. E lo sa bene Gianni Aramu, componente del Comipa (Comitato misto paritetico sulle servitù militari), ma anche guida civile della cabina di regia che alla fine della precedente legislatura ha preso in mano il dossier servitù: «L’ostacolo alla dismissione opposto dalla Difesa», spiega, «era stato quello della definizione dei confini e delle particelle catastali. Ma durante l’ultima riunione era stato dato come superato. Era stato sollevato anche il problema del faro, dichiarato dismissibile e mai restituito. Qui», conclude Aramu, che di servitù militari si occupa da decenni, «c’è un pilastro che non può essere abbattuto: l’articolo 14 dello Statuto. Basta applicare quello. E farsi sentire con chi spesso pensa di poterlo aggirare».   

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