C’è chi aspetta quei soldi come si aspetta l’ossigeno. C’è chi li attende per sopravvivere, perché tutto il resto – tutele, assistenza, risposte – è mancato.

E ora manca anche l’ultima cosa che restava: il vitalizio previsto dalla Legge 210 del 1992, per chi ha contratto malattie gravissime dopo trasfusioni con sangue infetto. Una ferita aperta nella storia della sanità italiana, tornata oggi a sanguinare a causa di inaccettabili ritardi burocratici.

Corrado Giannotte non ci sta più a tacere. È uno dei 23 beneficiari collegati alla Asl 8 di Cagliari che, a oggi, 2 maggio 2025, non ha ancora ricevuto quanto gli spetta per il primo bimestre dell’anno. «Il vitalizio – racconta con amarezza – doveva essere pagato entro marzo. È maggio e non abbiamo visto un euro. C’è gente che vive solo con quei soldi, e questo silenzio istituzionale è una vergogna».

A sostegno delle sue parole ci sono email, richieste ufficiali, solleciti rimasti senza risposta. Tra queste, anche una comunicazione del dottor Stefano Piras della Direzione Generale della Sanità, che ha più volte chiesto un intervento urgente. «Ma nulla. Nessuna delibera, nessuna spiegazione. Solo attese e disinteresse».

La vicenda non è nuova. Giannotte ripercorre il calvario con precisione chirurgica. «L’anno scorso la delibera è arrivata il 10 aprile, in ritardo. Quest’anno si sono superati: è stata firmata ad aprile inoltrato, ben oltre il termine naturale. È la dimostrazione di una macchina amministrativa che non funziona e non rispetta i più fragili».

Il vitalizio, ricordiamo, è previsto dalla Legge 210/92 per coloro che, a seguito di emotrasfusioni o vaccinazioni obbligatorie, abbiano contratto patologie gravemente invalidanti come l’epatite o l’Hiv.

È il risultato diretto di una delle pagine più nere della sanità italiana: lo scandalo del sangue infetto. Negli anni Settanta e Ottanta, in un’Italia priva di controlli sistematici, migliaia di pazienti – emofiliaci, talassemici, politrasfusi – vennero infettati a causa di sangue non testato. In seguito, tribunali italiani e corti internazionali hanno condannato lo Stato e alcune multinazionali del farmaco per negligenza, aprendo la strada ai risarcimenti. Ma da allora, il percorso è stato tutto in salita: burocrazia, ritardi, inadeguatezze.

«Dal mio ritorno a Cagliari, 11 anni fa – denuncia Giannotte – un solo altro anno aveva visto ritardi. Ma mai così. Oggi hanno battuto ogni record».

Il suo appello è accorato e pubblico: «Presidente Todde, assessore Bartolazzi, vi chiediamo di intervenire. Perché qui non si parla di favori, ma di diritti. C’è gente che è morta per quel sangue. Almeno chi è rimasto in vita abbia la dignità di essere ascoltato».

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