Cagliari, una tesi di laurea denuncia l’odio online: «Così i post di Vannacci alimentano la macchina dell’hate speech»
L'autore, Simone Cherchi, spiega che è sempre esistito, ma che ora in qualche modo è rafforzato e amplificato dalla rete e dai socialPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Una tesi di laurea sull'hate speech all'Università di Cagliari. E tra i casi di studio presentati dallo studente ci sono in particolare, tre post di Roberto Vannacci, generale e politico, vicesegretario federale della Lega per Salvini Premier dal 2025 ed europarlamentare.
L'autore della tesi, Simone Cherchi, Facoltà di Studi Umanistici, Corso di Laurea in Lingue e Comunicazione - relatore il docente Massimo Arcangeli - si sofferma all'inizio del suo lavoro sulla definizione di hate speech. Tradotto in italiano significa discorso d'odio o incitamento all'odio. Lo studente spiega che è sempre esistito, ma che ora in qualche modo è rafforzato e amplificato dalla rete e dai social.
L'autore distingue tra hate speech diretto e implicito o subdolo. Secondo Cherchi rientra nel secondo caso il primo esempio citato nella tesi. Vannacci condivide la notizia di dimissione dal parlamento europeo di Carola Rackete, l'attivista che al comando della nave da salvataggio Sea-Watch 3, nel giugno del 2019 decise di forzare il blocco del porto di Lampedusa per portare a terra 42 migranti: «Non ci mancherai. Ora speriamo che anche Ilaria Salis e Mimmo Lucano seguano l'esempio". Fin qui tutto lecito, spiega l'autore. C'è un problema, però: le foto: «Ci troviamo davanti a un caso di linguaggio d'odio subdolo, il politico per bypassare gli algoritmi di Meta, evita l'umiliazione diretta, utilizzando delle foto di Carola, ed evidenziando la sua peluria con un primo piano alle sue gambe. Dettaglio non necessario per l'intento a prima vista innocente del post ma che ci aiuta a svelare le vere intenzioni di Vannacci. Il suo elettorato, difatti, risponde gravemente al post con commenti d'odio diretti».
E si passa all'hate speech dei leoni da tastiera: nei commenti una lunga serie di insulti all'attivista. «Possiamo quindi distinguere - conclude il laureando - due modi di fare hate speech e identificarli. Post di Vannacci: linguaggio d'odio subdolo, un discorso che si presenta come ragionevole e rispettabile, ma che in realtà normalizza la discriminazione. E poi i commenti al post: linguaggio d'odio esplicito, manifestati in maniera diretta e di inequivocabile ostilità».
Lo studente analizza poi altri due casi. Autore sempre Vannacci: sono post su Laura Boldrini, deputata del Pd, e su una manifestazione Lgbt. Docente soddisfatto: «Simone Cherchi - spiega Arcangeli - ha fatto quello che ognuno di noi dovrebbe fare: denunciare il linguaggio dell'odio on line, che ha raggiunto livelli mai visti, nei modi, nelle forme e con i mezzi, non importa se piccoli o grandi, di cui ciascuno dispone. Simone lo ha fatto, con coraggio, individuando la radice del male, vale a dire l'uso scellerato dei social da parte di chi, personaggio pubblico o rappresentante delle istituzioni che sia, dà ogni volta in pasto ai suoi follower la vittima di turno. Se un ex generale ora europarlamentare, in un post su Facebook, arriva ad attaccare una giovane studentessa senegalese, appena approdata al ruolo di vicepresidente della Regione Toscana, sostenendo che abbia ottenuto la carica grazie alla sua 'pelle nera', poi non stupiamoci se i seguaci di quell'europarlamentare reagiscono con certi commenti».
(Unioneonline)
