Blocco degli impianti Alcoa:l'ultimatum slitta a fine mese
Dopo un vertice a Roma, Alcoa fa slittare da martedì 17 a lunedì 30 novembre il termine ultimo prima dell'arresto della produzione.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il blocco totale slitta di 13 giorni. Giuseppe Toia, amministratore delegato di Alcoa, ha comunicato ieri a Roma, durante un vertice a Palazzo Chigi, che la multinazionale americana ha spostato dal 17 al 30 novembre il termine ultimo prima dell'arresto della produzione per raccogliere tutti i pareri della Commissione europea decisivi alla soluzione della vicenda.
I RIFLESSI A pochi giorni dalla scadenza del regime di tariffe agevolate per l'approvvigionamento energetico della fabbrica che produce alluminio, la proroga - comunicata dall' ad di Alcoa durante l'incontro con Claudio Gorelli, esperto economico della presidenza del Consiglio - apre un piccolo varco alla speranza per il riavvio delle produzioni. In seguito alla proroga, è stata annullata la manifestazione dei lavoratori annunciata per il 17 novembre. Intanto, è stata convocata per il 18, sempre a Roma, la riunione di tutti i Consigli comunali del Sulcis-Iglesiente.
IL PRESSING Quindi, si fa più serrato il pressing sul Governo per trovare una soluzione tempestiva. Ieri i 23 sindaci del territorio si sono dati appuntamento per un sit-in di protesta e per chiedere di essere ascoltati a Palazzo Chigi.
LA SITUAZIONE Due le questioni irrisolte sul tavolo dell'Esecutivo, che potrebbero portare alla chiusura, entrambe collegate al caro-energia. Innanzitutto, sulle tariffe energetiche speciali in scadenza pende una procedura di infrazione dell'Unione europea per aiuti di Stato. Accanto a questa, anche ipotizzando che l'Italia riesca nel tentativo di far rientrare la procedura di infrazione di Bruxelles, rimane da stabilire quale sarà il prezzo praticato all'Alcoa per l'energia una volta cessato il regime tariffario agevolato.
I SINDACI Tra i più allarmati Paolo Dessì, sindaco di Sant'Anna Arresi: «Se chiude Alcoa non c'è alcuna possibilità di continuità per le altre attività dell'indotto». Come lui la pensano molti suoi colleghi. Per Antonello Pirosu, di Villaperuccio, «la crisi occupazionale sta diventando una vera emergenza sociale». Roberto Lallai, di Nuxis, rincara: «Se crolla il comparto industriale non ci sono alternative pronte». Ivo Melis, di Masainas, aggiunge: «L'emorragia va arginata subito, altrimenti l'effetto domino si rifletterà anche su agricoltura e artigianato». Pierluigi Carta, sindaco di Iglesias, ricorda: «La protesta è cominciata a gennaio per Euroallumina che, malgrado le assicurazioni sia a livello locale che nazionale, secondo cui avrebbe dovuto riaprire entro un anno, è ancora chiusa. È seguita la crisi della Rockwool e, poi, dell'Alcoa. Quello che registriamo, anche dopo lo sciopero generale del 13 marzo, cui parteciparono 20 mila persone, sono sei mesi di silenzio». Tore Cherchi, primo cittadino di Carbonia, incalza: «Chiediamo al Governo di rispettare gli impegni assunti per la soluzione del problema tariffario dell'energia elettrica. Tre grandi fabbriche hanno già chiuso. La quarta, Alcoa, entro pochi giorni deve sapere se può rimanere sul mercato, altrimenti altri duemila lavoratori andranno in cassa integrazione».
I SINDACATI Presenti a Roma, accanto ai sindaci, i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil. Roberto Puddu, segretario della Camera del Lavoro, sottolinea: «Questa è l'ennesima protesta, ma ogni volta torniamo a casa sentendoci dire che la colpa è sempre di qualcun altro. Voglio ricordare che sul nostro territorio ci sono 130 mila abitanti e di questi ben 50 mila sono disoccupati. Registriamo un indice di spopolamento del 2,7 per cento, a fronte dello 0,11 nazionale». In tarda mattinata il vertice a Palazzo Chigi ha riacceso qualche speranza.
CRISTIANO CAROCCI