Batzella, "non un delitto finito male" Ecco le motivazioni della sentenza
Non una rapina finita male, ma un delitto efferato, compiuto dai due algerini. Così i giudici hanno descritto l'omicidio di Albina BatzellaNo, non è stata una rapina finita male. Ghiloubi Abdelmalek e Benjedou Khaled volevano uccidere Albina Batzella e lo hanno fatto con «modalità indicative di crudeltà, disprezzo e indifferenza verso la vita umana». E poco importa che Khaled fosse un ragazzo facilmente manovrabile, «malleabile» e «incapace di opporsi» a qualsiasi richiesta, tanto da essere chiamato dagli amici «il ragazzo Burundi» o «smidollato».
I FATTI L'ottantenne ammazzata in via Azuni nell'ottobre del 2007 è stata legata e immobilizzata con nastro adesivo, così da rendere chiaro «l'animus necandi» dei due nordafricani. I magistrati della Corte d'assise evidenziano la ferocia degli assassini in più punti della sentenza che ha condannato Benjedou Khaled tre mesi fa. Centoquattordici pagine in cui viene motivata la pena di 28 anni inflitta al giovane algerino e depositate mercoledì scorso.
Per spiegare la scelta delle aggravanti, il giudice estensore Maria Cristina Lampis scrive: «La condizione fisica, sessuale e di età degli aggressori risultava tale da configurare una capacità di sopraffazione che avrebbe avuto facile ragione della flebile resistenza della vittima». I due avrebbero potuto ucciderla anche senza «la prolungata agonia inflitta mediante il processo asfittico provocato dall'imbavagliamento e dal seppellimento del corpo sotto il cumulo di rifiuti vari».
RUOLI DIVERSI La Corte (presidente Mauro Grandesso), ribadisce comunque una distinzione dei ruoli.
Ghiloubi, condannato a trent'anni con il rito abbreviato, «fu il principale protagonista» di quella notte. Però l'autopsia evidenziò come non fosse possibile legare in quel modo l'anziana da solo: «Le caratteristiche dell'immobilizzazione presuppongono un lavoro di concerto, non essendo ragionevolmente possibile ritenere che la stessa persona abbia operato contestualmente» su diverse parti del corpo. Soprattutto dopo che l'esame escluse uno stato di incoscienza della vittima al momento dell'azione: quando Albina Batzella venne legata era ancora viva e cosciente. Un elemento che aumenta la crudeltà, ricordato dal pm Rossana Allieri durante gran parte del processo.
LA DIFESA Secondo la difesa di Khaled (Sandro D'Agata, del foro di Napoli, e Anna Maria Ballo) la natura di Ghiloubi escluderebbe «la presenza di compartecipi nella rapina». Ma i giudici sostengono che l'algerino avesse «necessità di un complice per condurre in porto il proprio progetto criminale» e Khaled era la spalla perfetta.
Per capirlo, basta leggere la testimonianza di Ben Iaia Habib, citata nella sentenza: «Molti tunisini e algerini mi hanno detto: È mezzo scemo, non è normale come ragazzo, quello che gli dici di fare, lui fa. Saber mi ha detto: se gli dici spogliati e cammina nudo in via Roma, lui si spoglia e cammina nudo in via Roma ».
MICHELE RUFFI