Il re dei fondali ha casa a San Michele, a Cagliari, gli occhi raggianti e un’evidente avversione per il politicamente corretto: «Sono down, mica scemo». E già questo basterebbe a inquadrare il personaggio, che in tre ore d’intervista tira fuori una sfilza di certezze granitiche in grado d’abbattere luoghi comuni e pregiudizi e un certificato che mette nero su bianco l’impresa appena compiuta: Alessandro Vacca, 41 anni e dodici tra fratelli e sorelle che lo precedono, è il primo down in Sardegna ad aver ottenuto il brevetto ufficiale da sommozzatore. Un primato che ha il sapore dolce del riscatto da una vita che non è stata esattamente gentilissima con lui.

Emozione –  Dice che a casa hanno pianto tutti - di felicità, ovviamente -, anche i vicini. Perché nel quartiere cagliaritano che solitamente fa parlare più per il male che per il bene, Alessandro lo conoscono in tanti e fanno il tifo per lui. Scarpe da ginnastica, bermuda blu e t-shirt in tinta, si sistema sulla poltrona, tira fuori il tesserino e lo mostra con orgoglio. Non ha certamente problemi d’autostima. Così se gli chiedi cosa si prova a essere unici non ha neanche bisogno di pensarci: «Sono diventato famoso in tutto il mondo». Poi ritratta: «Magari lo diventerò dopo l’articolo. Ma davvero lo pubblicate sul giornale?». E tra un abbraccio e un altro racconta la sua storia, che alla fine non è poi così diversa da quella di qualunque altra persona normodotata. Fatta di sfide, di cadute, di amicizie e di amore. Tanto. «Quando ero piccolo mi prendevano in giro, soprattutto a scuola. È capitato che anche un’insegnante mi escludesse mandandomi fuori a mangiare il panino». Ricordi dolorosi, che per un istante adombrano il suo volto e testimoniano un passato dove ancora la diversità era vista come un qualcosa da relegare in un angolino, quasi a volerla tenere nascosta. «Per fortuna le cose sono cambiate: ora ci sono meno pregiudizi e vorrei che la mia storia servisse per dimostrare che anche se sono down posso fare tutto».

I due mondi – E in quel tutto non manca nulla. Ci sono le bombole, la tuta da sub e tanta determinazione, che dopo cinque mesi di immersioni gli hanno permesso di ottenere il tanto atteso brevetto. Come se tra i fondali trasparenti come il suo animo avesse abbattuto uno di quei limiti di chi s’ostina a vedere soltanto le difficoltà e non le straordinarie potenzialità di Alessandro e di tanti altri ragazzi diversamente abili. Che come lui, passo dopo passo, sono riusciti a integrarsi perfettamente nella società. «Nel mondo c’è spazio per tutti e un posto comodo per ognuno di noi».

Lui forse lo ha capito grazie alla polisportiva Olimpia Onlus, fondata da Carlo Mascia, che è andato a prenderselo a casa dieci anni fa. Perché, come dice sempre, la vita è fuori, anche per i disabili. Non dentro gli istituti o tra le mura di una cameretta. Da allora Alessandro non si è più fermato. Ha una vita super impegnata, a casa aiuta mamma Franca che fa l’ambulante al mercato di Sant’Elia. Contribuisce alle spese familiari con la sua pensione di invalidità, e gli altri soldi li mette da parte per le trasferte, dentro una borraccia. Niente salvadanaio: «È la prima cosa che ruberebbero i ladri». Sorride ancora. Anche mentre pensa al sua papà che non c’è più: «Se fosse ancora qui sarebbe stato tanto orgoglioso del brevetto».

L’amore e le amicizie – «Vorrei che la gente sapesse che anche i disabili si innamorano. Cioè, voglio dire che l’amore non è un’esclusiva dei normodotati». Un concetto a cui Alessandro tiene particolarmente. Lo dice a modo suo, e lo dimostra benissimo con i fatti. «Ho conosciuto Veronica quattro anni fa, al mare. È stato un colpo di fulmine, la amo tantissimo». Sentimento ricambiato, da lei che ha trent’anni, e con Alessandro condivide quella stessa sindrome di down che evidentemente non ferma la vita. «Puoi scriverlo per favore che le ho anche chiesto di sposarmi?». E siccome è uno che le cose le fa seriamente, si è messo in ginocchio, le ha regalato l’anello e guardandola dritta negli occhi le ha chiesto di diventare sua moglie. Così, dopo la discesa nei fondali ora è pronto a salire sull’altare. Ci saranno anche i suoi amici, ad accompagnarlo. Quelli della polisportiva, e tanti altri che gli vogliono bene per ciò che è. Un 41enne che ha dimostrato a se stesso e a chiunque altro che con buona volontà, impegno e un’assistenza che dovrebbe essere garantita a tutti, si può arrivare in altro. Sempre di più. Anche se sei down.

Sara Marci

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