Via libera al blocco senza scadenza degli asset russi. A dire sì, alla fine, sono 25 Paesi membri dell’Ue su 27. Ma tra i favorevoli spicca la dichiarazione di Italia, Belgio, Bulgaria e Malta: il loro è un sì gelido e intriso di perplessità, che alla fine emerge solo per ribadire che a dispetto dei due Paesi contrari - i governi sovranisti di Ungheria e Slovacchia - Roma e le altre tre capitali restano saldamente al fianco dell'Ucraina. L’ok di Bruxelles a un blocco che vale 210 miliardi, contiene due novità.
Le novità
Innanzitutto evita il rinnovo semestrale del divieto di trasferimento a Mosca delle attività della Banca centrale russa immobilizzate nell'Ue. Gli asset restano congelati sine die. Anzi, una scadenza c'è: la fine della guerra e di ogni attività aggressiva di Mosca nei confronti dell'Ucraina e dell'Ue. L'altra novità è il ricorso all'articolo 122 che permette all'esecutivo europeo, in una situazione di emergenza, di bypassare il consenso per unanimità. Tra i 25 favorevoli spicca quello del premier ceco Andrej Babis, che Orban aveva già annunciato a bordo della nave sovranista. Ed è probabile che sulla decisione di Babis abbia influito la visita ai vertici Ue effettuata dal leader di Praga nelle scorse ore. Del resto, Ursula von der Leyen e Antonio Costa hanno lavorato a lungo sottotraccia, arrivando all'idea di anticipare il voto sul congelamento degli asset rispetto al summit dei leader, mettendo così in cascina il primo, importante passo per l'utilizzo dei beni stessi. Ma la partita dei vertici Ue resta in salita. E il summit del 18 dicembre, oltre a presentarsi come tra i più importanti degli ultimi anni, rischia di tramutarsi in una dura resa dei conti. «Il voto di oggi è un segnale forte alla Russia e un messaggio potente all'Ucraina», ha spiegato von der Leyen.
Trattative difficili
Dagli Stati Uniti, intanto, Donald Trump continua ad auspicare un accordo sull’Ucraina sotto l’albero. Ma Mosca continua a mettere le mani avanti, avvertendo che potrebbe respingere l'ultima bozza del piano americano modificata con le integrazioni ucraine. «Non l'abbiamo ancora ricevuta. Quando la vedremo, potremmo non gradire molte cose», ha spiegato il consigliere diplomatico del Cremlino, Iuri Ushakov. Quindi ha ripetuto una delle linee rosse: in Ucraina ci potrà essere un cessate il fuoco «solo dopo il ritiro delle truppe ucraine» dal Donbass, che altrimenti verrà preso con la forza. Secondo Zelensky, Washington vorrebbe che le forze ucraine si ritirassero dalla parte della regione di Donetsk (Ucraina orientale) ancora sotto il loro controllo, che dovrebbe diventare una zona economica libera smilitarizzata, senza pretendere lo stesso dalle truppe occupanti. In cambio, l'esercito russo si ritirerebbe dalle aree molto limitate conquistate nelle regioni di Sumy, Kharkiv e Dnipropetrovsk (Ucraina settentrionale, nord-orientale e centro-orientale), ma manterrebbe territori più ampi nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia (Ucraina meridionale). Il presidente ucraino ha sottolineato che, in ogni caso, sarebbero necessarie elezioni o un referendum in Ucraina per decidere sulle questioni territoriali.
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