Cronaca

Uranio, indennizzi anche agli allevatori 

Gli avvocati Tartaglia e Bava: risarcimenti non solo ai soldati ma anche a chi si è ammalato vicino ai poligoni sardi 

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Morti sospette per tumori di pastori e contadini che vivevano attorno ai poligoni sardi, si riapre la strada dei risarcimenti ai familiari e a chi sta ancora lottando contro la malattia. La recente sentenza in Assemblea plenaria del Consiglio di Stato è storica perché inverte l’onere della prova. Ora spetta al Ministero della Difesa (e non più al malato o ai familiari del soldato defunto) dimostrare che non c’è un nesso di causalità tra la partecipazione alle missioni di pace in Kosovo, Afghanistan, Somalia e Iraq o alle guerre simulate nei poligoni di Quirra, Teulada e Capo Frasca, dove sono entrati in contatto con le polveri della guerra cancerogene, e l’insorgenza di leucemie e tumori.

Le sentenza

I quattro casi discussi davanti all’Assemblea plenaria riguardano soldati italiani morti dopo lunga malattia che avevano partecipato a missioni Nato nei Balcani, in Afghanistan e in Iraq, ma la decisione – secondo gli avvocati che hanno seguito i dibattimenti, Angelo Tartaglia e Andrea Bava – si deve applicare anche per i civili.«Lo prevede un decreto del presidente della Repubblica – dice l’avvocato Tartaglia – che equipara chi abita a ridosso dei poligoni inquinati dalle nanoparticelle di metalli pesanti cancerogeni alle zone di guerra dove sono stati usati munizioni con sostanze radioattive come l’uranio impoverito».La Nato negli anni ‘90 aveva avvisato lo Stato maggiore della Difesa italiana che in certi contesti internazionali avrebbe usato armamenti all’uranio impoverito, suggerendo di dotare i soldati di particolari protezioni come tute e mascherine a circuito chiuso, a protezione dal contatto con determinate contaminazioni. Parole ignorate dallo Stato, secondo i giudici: da qui le condanne (sempre impugnate dalla Difesa) a risarcimenti milionari (la prima a Firenze, nel 2009, concesse 5 milioni di euro agli eredi di un soldato vittima del dovere). Sino a questa decisione del Consiglio di Stato che dovrebbe mettere la parola fine a ogni discussione.

Come una legge

In pratica il Consiglio di Stato adesso si è sostituito ai legislatori. Nel 2016, al termine dei lavori dell’ultima commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, presieduta dal deputato olbiese del Pd Gian Piero Scanu e dove compariva anche un altro parlamentare sardo, Mauro Pili, si era arrivati a diverse proposte di legge. Quella di Scanu puntava ad assegnare all’Inail il compito di stabilire se un militare, dipendente dello Stato, avesse diritto al risarcimento per le patologie contratte sul lavoro, togliendo al ministero della Difesa il doppio ruolo di controllore e controllato nell’ambito dell’accertamento delle responsabilità sull’insorgenza delle patologie. La proposta firmata Mauro Pili prevedeva proprio l’inversione dell’onere della prova in merito al nesso di causalità tra esposizione alle polveri della guerra e l’insorgenza di leucemie e tumori, di cui per prima aveva parlato la commissione presieduta da Lidia Menapace (Sinistra). Proposte rimaste chiuse in un cassetto.

Le reazioni

«Nonostante l’omertà, i silenzi, e il continuo tentativo di nascondere la verità» - dichiara il colonnello Carlo Calcagni, 57 anni, in lotta con diverse gravi patologie sorte dopo la sua partecipazione alla missione di pace nei Balcani come elicotterista e oggi impegnato nell’associazione Vittime del dovere - «anche quando era sostenuta da evidenze scientifiche inconfutabili, un passo importante è stato compiuto. Resta il rammarico e il dolore profondo per tutti noi militari che continuiamo a morire, uno dopo l’altro, con l’unica colpa di aver fatto il nostro dovere, di aver obbedito a ordini ricevuti da chi sapeva, ma ha taciuto, non ha informato, non ha tutelato i propri uomini. Siamo stati mandati in zone notoriamente contaminate, dove i rischi per la salute erano chiari e noti ai vertici politici e militari. Questa sentenza non cancella le sofferenze, ma rappresenta una pagina di verità che non potrà più essere ignorata».

Domenico Leggiero, presidente dell’Osservatorio militare, auspica che la decisione del Consiglio di Stato venga recepita con una legge ad hoc: «Non sarebbe giusto che i malati o le vedove o i figli rimasti senza un genitore debbano ancora essere costretti a rivolgersi ai giudici per ottenere un risarcimento sacrosanto».

Il Tribunale di Lanusei, al termine del processo penale sulle morti sospette attorno al poligono di Quirra, aveva prosciolto da ogni accusa di omicidio colposo i militari che avevano comandato la base tra Villaputzu e Perdas de Fogu (i casi sospetti erano circa 165, tra i quali tantissimi civili). Mentre per Teulada il procedimento davanti al Tribunale di Cagliari è ancora in corso e riguarda un centinaio di morti sospette.

Al di là dell’aspetto esclusivamente penale, tutto da dimostrare, questa storica sentenza del Consiglio di Stato apre adesso la strada a un possibile indennizzo, anche se nessuna cifra potrà mai risarcire una madre per la morte di un figlio o una moglie e per quella di un marito che ha servito lo Stato nelle zone di guerra o che ha fatto pascolare il gregge vicino alle basi militari.

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