Un Natale di dolore e memoria, uniti dalla speranza che la giustizia possa fare il proprio corso, dopo 8 lunghi anni di silenzi e ombre. A Sorgono, il ricordo del gioielliere Giuseppe Manca, barbaramente assassinato nella sua abitazione la notte del 7 febbraio 2017 è più vivo che mai. Agli appelli dei compaesani, si unisce quello dell’anziana zia Maria Murgia (88) che di arrendersi all’idea che gli assassini restino impuniti non ne vuole di certo sapere. Per l’imprenditrice, da tempo impegnata in una lunga battaglia per la verità, «è l’ennesimo Natale di rabbia e desolazione. Il ricordo di Giuseppe è sempre qui - dice la donna - e non ci abbandona mai. La sua mancanza è una sofferenza, la fa sentire ancora più acuta il pensare alla morte atroce che ha subito da parte degli assassini».
Senza pace
Non si dà pace Maria Murgia, promotrice lo scorso febbraio di una fiaccolata per le vie sorgonesi, dove a migliaia avevano chiesto giustizia: «Le forze dell’ordine - dice la donna - ci avevano rassicurato sul proseguo delle indagini e sul massimo impegno, ma non abbiamo assistito a nessuna evoluzione sulla vicenda. Ci sentiamo soli e abbandonati, mentre chi ha ucciso Giuseppe resta impunito». Lo ribadisce con fermezza, l’ex ristoratrice. «Ormai sono diventata giustizialista, mi vergogno che da cristiana non riesca a perdonare chi ha commesso questo crimine. Alla mia età vorrei spegnermi serenamente, certa che i colpevoli siano alla sbarra per il resto dei loro giorni».
Le critiche
Le indagini finite in un vicolo cieco per la donna sono motivo di risentimento. «Inutile negarlo - rilancia Maria Murgia - ma qualcuno dovrebbe ammettere che il lavoro svolto dagli inquirenti sul posto del crimine sia stato fatto con poca professionalità e cura». Da qui un lungo elenco per quelli che la zia dell’ucciso ritiene dettagli essenziali per arrivare ai colpevoli e che sarebbero stati tralasciati dagli inquirenti: «I malviventi sarebbero entrati da una botola che collegava la casa di Giuseppe a quella di una sua zia - dice Murgia - Lo avrebbero atteso in casa fino a legarlo su una sedia dove è morto soffocato da un bavaglio. Da questi elementi si dovrebbe ripartire per trovare impronte e altri dettagli utili». E mentre annuncia la realizzazione di un murale in ricordo del nipote, Maria Murgia conclude: «Mi rivolgo ai carabinieri affinché non ci lasciano soli. Non abbiamo altre soluzioni che quelle di affidarci a legali, criminologi e altri mezzi per chiedere giustizia. Giuseppe era amato da tutti e non merita tutto ciò».
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