«Io penso che abbiamo perso un dirigente importante: chi può essere migliore di un presidente con un palmares e un carattere come il suo, che sa trasmettere la forza che lui stesso aveva da atleta? Aveva bravura, diplomazia, competenza: perfetto per quel ruolo. Perfetto per tutto». Andrea Mura non può credere che il suo amico Davide Tizzano non ci sia più. Il presidente della Federazione Italiana Canottaggio è morto lunedì nella sua Napoli ad appena 57 anni: era stato due volte olimpionico con il quattro di coppia a Seul 1988 e con il due di coppia a Atlanta 1996. In mezzo, l’avventura nella vela con il team “Il Moro di Venezia”, il cui randista era proprio il cagliaritano. «Ci siamo conosciuti lì», racconta. «In quell’edizione, nel 1992, era stato fatto anche il campionato del mondo della classe Coppa America e si regatava in flotta, come le derive: è stato bellissimo e con lui avevano vinto il mondiale». Tizzano ne vincerà uno anche l’anno dopo con i Maxi Yacht, prima di tornare al canottaggio. Nel 2007, però, Onorato lo chiamerà a far arte del team di Mascalzone Latino per una nuova campagna di America’s Cup. Non esaltante conme quella del 1992, ovviamente.
Il personaggio
«Era uno di quelli con cui avevo legato di più», prosegue Mura. «Eravamo in sintonia, era un atleta vero, stava al di sopra delle divisioni e dei pettegolezzi. Una persona pulita, sincera, senza secondi fini: era lì per dare il suo contributo. Come atleta era una “bestia”, un grinder, un uomo “bello di testa”. Un campione nei momenti cruciali sa essere freddo, fa la differenza così: non vinci una medaglia olimpica se non hai questa dote. E lui ne ha vinto due. Quella di Atlanta, dopo la parentisi velica vale doppio». Davide Tizzano e Mura sono rimasti amici negli anni: «Ci sentivamo, saltuariamente, era curioso delle mia avventure oceaniche. Tante cose ci univano, ma soprattutto eravamo in sintonia come sportivi che pensano allo sport: sentimenti sinceri. Non l’ho mai visto arrabbiarsi, urlare. Era sereno».
Gli incontri
Tre anni fa, il team del Moro si è ritrovato a Venezia in occasione del trentennale del successo nella Louis Vuitton Cup del 1992 a San Diego. «Siamo sempre rimasti in contatto, era una persona unica e meravigliosa che non potrò ma dimenticare», dice ancora Mura, per il quale la notizia della morte è giunta improvvisa: «Ha sempre fatto una vita sana, invecchiava bene. Non sapevo che lui stesse così male, sembrava felice, sempre allegro. La nomina alla presidenza l’aveva reso orgoglioso, un posizione invidiabile, che gli consentiva di stare a contatto con gli atleti». L’ultimo, inconsapevole saluto, pochi mesi fa: «Ci siamo visti l’ultima volta al salone di Genova a settembre, lui era lì con la famiglia: ci siamo fatti una foto e adesso sto provando in tutti i modi a ritrovarla, chiude Mura. ( c.a.m. )
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