Delitto del Donegal.

«Sono schifata, una vita vale così poco?» 

Lo sfogo sui social della compagna di Fabio Piga, l’ex carabiniere ucciso 

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«Schifata». Silvia Perra, la compagna del 37enne Fabio Piga, ucciso con una coltellata nel pub Donegal, non usa mezzi termini per commentare l’entità della condanna (10 anni e 8 mesi) inflitta a Yari Fa, il ventenne accusato dell’omicidio avvenuto il 2 giugno dello scorso anno. Il giorno dopo la sentenza, pronunciata dal giudice del Tribunale di Cagliari, Luca Melis, la donna affida ai social il suo sfogo e il suo immenso dolore.

Il dolore della fidanzata

Dopo il primo post, scritto di getto, la ragazza ha deciso di articolare meglio il suo pensiero, pubblicandone uno successivo. «Quanto vale una vita? Veramente poco», ribadisce, rivolgendosi virtualmente al 37enne ucciso mentre si occupava della sicurezza del pub, «alla giustizia italiana non importa che tu fossi un bravo ragazzo, un uomo gentile e premuroso, una persona corretta e rispettosa delle regole». La richiesta di condanna del pubblico ministero Marco Cocco, poi accolta dal Tribunale, è partita dalla pena minima indicata dal Codice penale per l’omicidio (21 anni), ma ha dovuto poi tener conto del rito abbreviato scelto dall’imputato (un terzo di sconto) e della perizia psichiatrica che ha ritenuto Yari Fa parzialmente incapace di intendere e di volere, con una consapevolezza scemata. Un calcolo quasi algebrico, sfociato nei 10 anni e 8 mesi poi tracciati, nero su bianco, nel dispositivo della sentenza.

«Tutto spazzato via»

«Un uomo innamorato della vita, della sua famiglia, dei suoi cari amici», ricorda Silvia Perra, «un uomo con cui avevo fatto progetti di vita, di futuro, di una famiglia insieme. Tutto spazzato via in quel 2 giugno 2024 e raso al suolo il 17 novembre 2025», giorno del verdetto. «Perché la vita che ti è stata tolta valeva solo 10 anni e 8 mesi. Noi ci abbiamo creduto fino in fondo in questa giustizia. Ora speriamo in quella divina». Parole che racchiudono una sofferenza inimmaginabile.

Famiglia in silenzio

La giovane, nel suo sfogo doloroso, non fa cenno alla lettera di scuse per i familiari di Fabio Piga che l’imputato ventenne ha consegnato al giudice prima del verdetto. «Lo giuro davanti a tutti, non volevo uccidere», aveva scritto il ragazzo, «non l’ho voluto mai. Chiedo scusa a tutti. Mi dispiace». Nonostante la pena contenuta, legata al rito e alla perizia, la sentenza di primo grado racconta però tutta un’altra verità: c’è il dolo, si è trattato di un omicidio volontario. La famiglia, tramite il legale di parte civile, ribadisce la scelta del silenzio: la sofferenza è inconsolabile, ma nessuno commenta prima di leggere le motivazioni della decisione.

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