La svolta

Siglato da 30 leader a Sharm  un nuovo patto di Abramo  

La fase 2 dell’accordo per Gaza è iniziata: per Hamas un ruolo di polizia palestinese? 

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Tel Aviv. La fase 2 dell'accordo per Gaza è iniziata. Donald Trump lo ufficializza al summit di Sharm el-Sheikh dove sotto la regia di Usa ed Egitto una trentina di leader, soprattutto di Paesi arabi ed europei, prendono l'impegno di costruire un nuovo futuro di pace per il Medio Oriente. Intenzioni che verranno messe alla prova dei fatti sin da subito, sui primi scogli come il mantenimento della sicurezza nella Striscia, dove il presidente statunitense ha aperto a un ruolo per Hamas come forza di polizia palestinese: «Vogliono porre fine ai problemi e lo hanno detto apertamente, e abbiamo dato loro l'approvazione per un periodo di tempo».

Il board

Il Board per l'amministrazione transitoria è un altro dei temi che ha dominato i colloqui sul Mar Rosso, e a guadagnarsi la prima nomination di Trump è l'egiziano Abdel Fattah al-Sisi, padrone di casa che ha dato a tutti appuntamento a novembre al Cairo per una conferenza sulla ricostruzione. L'Italia vuole essere in prima fila su questo dossier, inevitabilmente legato a doppio filo con la stabilizzazione di Gaza, con il governo pronto a "implementare la presenza" dei carabinieri se verrà approvata una risoluzione Onu che lo richiederà. Trump, atterra oltre tre ore più tardi del previsto per la sua visita in Israele. È lui l'inevitabile protagonista: saluta uno ad uno i leader su un palco con una grande scritta "Peace 2025", e tiene il discorso introduttivo alla cerimonia di firma dell'accordo, che serve a sugellare in mondovisione un'intesa per il cessate il fuoco a Gaza che nelle ore precedenti ha iniziato a essere implementato. Una superflua dimostrazione plastica di come il destino di questa partita geopolitica dipenda in prima battuta dalle mosse di Washington, anche se il presidente Usa ringrazia in modo particolare chi ha agito da mediatore nella lunga trattativa ospitata nelle scorse settimane sempre a Sharm: al-Sisi (che ha insignito The Donald con il Collare del Nilo, massima onorificenza egiziana), ma anche l'emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani. Trump avrebbe voluto portare con sé a Sharm anche Benjamin Netanyahu. Da Israele chiama al-Sisi per suggerire, e la presidenza egiziana annuncia la partecipazione sia del primo ministro israeliano sia del presidente dell'Anp Abu Mazen. Ma nel giro di un'ora il viaggio è cancellato, «a causa dell'inizio della festività di Simchat Torah», la stessa in cui si consumò la strage del 7 ottobre.

Ostacoli geopolitico

Dietro le quinte, in ore concitate, Erdogan e il premier iracheno Muhammad Sudani minacciano di lasciare il summit se sarà presente Netanyahu. Piccoli grandi segnali che non mancano gli ostacoli geopolitici. Per superarli, il piano di Trump è allargare gli Accordi di Abramo ad altri Paesi arabi, come l'Iran, che ha risposto no grazie all'invito al vertice. «La mano dell'amicizia e della cooperazione è sempre aperta», il messaggio a Teheran di Trump. Fra le sue prossime mosse, la composizione del Board chiamato a guidare la transizione a Gaza. «Tutti vogliono farne parte».

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