«L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo». Lo dice Italo Calvino. E queste parole sono in linea con il percorso umano e professionale di Marta Zuddas, sorda, ma con una determinazione e una forza di volontà che le hanno fatto superare tutti gli ostacoli. Sino a diventare, è successo lo scorso novembre, la prima dirigente biologo in Italia affetta da sordità. Lavora all’ospedale San Giovanni di Dio, nella struttura complessa di Anatomia patologica diretta dalla professoressa Daniela Fanni. C’è un’immagine emblematica: Marta che firma il contratto di lavoro con l’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari, l’immagine della felicità. Eppure, il percorso di studio non è stato facile: «Dovevo compensare quello che non sentivo alle lezioni. È stato necessario studiare su più testi per poter essere al pari degli altri e qualcosa di più».
La laurea
I titoli conquistati con grande tenacia: laurea in Scienze biologiche, specializzazione in virologia e microbiologia. In più un master a livello europeo sulle emergenze in campo sanitario come terremoti e guerre biologiche. Ogni tanto si sono manifestate difficoltà, spesso sotto forma di pregiudizi: «Il percorso della scuola è stato lineare. Gli insegnanti erano abbastanza attenti e a parte qualche piccolo episodio tutto è andato bene. All’Università ho trovato docenti sensibili ma anche situazioni non proprio piacevoli. Un’insegnante non voleva farmi laureare perché riteneva indispensabile che avessi al mio fianco un tutor. Diceva: una persona come lei deve avere necessariamente un tutor. Le ho risposto: mi mancano cinque esami, secondo lei ne ho bisogno. È stata una discussione accesa, le ho lanciato il libretto, mi dica se ho necessità di un sostegno. Poi ho risolto tutto con un altro professore».
L’aiuto dei genitori
Tirocinio al Binaghi, prima come laureanda e poi come volontaria. Ha cominciato a lavorare in un laboratorio privato e, in contemporanea, si è dedicata agli studi per la specializzazione. «I miei genitori e mia sorella», dice, «sono stati il vero supporto, mi hanno offerto sempre un aiuto. Ci sono stati dei momenti in cui dicevo: non ce la faccio e loro mi spronavano a non arrendermi, ad andare avanti». Idee molto chiare, incrollabile ottimismo: «Molte persone non avrebbero mai scommesso su di me, sulla mia capacità di arrivare sino in fondo. Tutto questo mi ha dato un grande slancio per dimostrare a me stessa che potevo farcela. Ho affrontato il concorso per l’Aou con grande serenità. Ero piena di energia positiva e quando ho saputo di aver superato la prova volevo spaccare il mondo. Al San Giovanni di Dio esamino i pap test. All’inizio ero perplessa. Mi sono detta: io sono una biologa. Che cosa posso fare? Mi sono trovata subito a mio agio. L’accoglienza è stata splendida. Ho cominciato da zero. Mi trovo benissimo. È un ambiente che mi piace e i rapporti con i colleghi sono ottimi». Al suo fianco, nei passaggi più importanti, c’è sempre stata Luciana Ledda, interprete della Lingua dei Segni italiana, amica e angelo custode.
Le parole della figlia
Marta, 52 anni, cagliaritana, conosce la Lis ma riesce a comunicare benissimo con le persone leggendo il labiale dei suoi interlocutori. Ha fondato, insieme a Luca Rotondi, l’associazione “Emergenza sordi” per aiutare chi si trova nelle sue stesse condizioni. È mamma e avverte l’orgoglio del ruolo: «Ho una figlia di 18 anni, che il prossimo anno affronterà l’esame di maturità al liceo classico “Dettori”, e un bimbo di 11 anni che ha appena concluso la quinta elementare». Ci tiene a lanciare questo messaggio: «Voglio dimostrare ai sordi che gli obiettivi si possono raggiungere. Mai abbandonarsi al pessimismo e alla rassegnazione. Alle persone che sentono e che hanno pregiudizi dico che la sordità non è un limite». Si commuove quando ricorda quello che la figlia le ha detto non molto tempo fa: «Mamma, per me sei un modello e un punto di riferimento».
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