«Via le pale eoliche dai nostri mari: saranno un altro ostacolo per la nostra attività». Il fronte della pesca dell’Arcipelago del Sulcis torna a mobilitarsi per salvare il lavoro e lo fa con una manifestazione carica di tensione, andata in scena ieri mattina lungo le banchine del porto di Sant’Antioco e nello spazio di mare antistante.
Protagonisti gli operatori della pesca di Sant’Antioco e Calasetta. Striscioni, slogan diffusi dagli altoparlanti, senza far mancare l’inno “Procurade e moderade” e decine di imbarcazioni schierate come segno tangibile di una protesta «che – assicurano i promotori - è solo all’inizio».
La tensione
Le forze dell’ordine presidiano l’area, mentre i pescatori annunciano azioni «clamorose e irrevocabili» se non arriveranno risposte immediate. Due le questioni che hanno esasperato la marineria locale. La prima è l’ulteriore proroga del fermo biologico, che si aggiunge al mese già scontato e che ogni anno compromette la sopravvivenza economica delle imprese. La seconda, considerata ancor più grave, riguarda l’ampliamento delle aree marine interdette in vista dei progetti di installazione di pale eoliche offshore alte quasi 300 metri, che sottrarrebbero centinaia di miglia marine ai pescatori professionisti. «Ci stanno distruggendo - denuncia Mario Poma, tra i portavoce della protesta - abbiamo spese ingenti, equipaggi da pagare, responsabilità enormi. Con la scusa del ripopolamento del pescato stanno coltivando altri interessi. Noi non ci rassegniamo: siamo pronti a lottare per difendere il nostro mare, l’unica risorsa che ci permette di vivere». A fargli eco è Antonio Basciu, che naviga da quarant’anni. «Andremo a Cagliari a far sentire la nostra voce davanti ai politici che dicono di aver a cuore la Sardegna ma i fatti dicono il contrario. Questa non è la Regione autonoma della Sardegna, è la Regione delle multinazionali. Ho venduto la casa per comprare la barca e dare un futuro ai miei figli, ora rischio di perdere tutto. Restiamo fermi in banchina ma le spese continuano a crescere. Chi decide questi provvedimenti non conosce il nostro lavoro».
I ritardi
Tra i manifestanti anche Giovanni Mallus, che punta il dito sui ritardi nei ristori. «Il contributo del fermo 2024 non l’abbiamo ancora visto, e quel poco che ci danno non basta neppure per comprare le merendine ai nostri figli. Le barche ci costano 20 mila euro al mese, anche da ferme. Dopo 30 giorni di fermo biologico eravamo pronti a riprendere il lavoro, ma un nuovo decreto ci ha tagliato le gambe obbligandoci a stare ancora fermi. Parlano di salvaguardare il merluzzo, ma noi vediamo solo l’interesse di chi vuole riempire i nostri mari di pale eoliche. Non lo permetteremo». Sul molo e nelle barche sono presenti anche delegazioni dei movimenti contrari all’eolico offshore, che sostengono i pescatori in quella che definiscono «una battaglia per la sopravvivenza culturale ed economica del territorio». La categoria teme il fallimento di molte imprese e l’estinzione di un mestiere storico: «Difendere il mare significa difendere le nostre tradizioni», ribadiscono, e promettono che la mobilitazione non si fermerà fino a quando non saranno ascoltati. Intanto, nei mercati del pesce della Sardegna, non c’è pescato locale ma solo prodotti ittici che arrivano da altri mari».
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