L’acqua c’è ma non basta. Le piogge portano sollievo ma l’emergenza idrica non è scongiurata. Le precipitazioni di dicembre hanno fatto arrivare circa tre milioni di metri cubi d’acqua complessivi nei bacini di Cuga, Temo e Bidighinzu, che si aggiungono ai sei milioni già presenti, quantità che non soddisfano neppure l’uso idropotabile. «Ne servirebbero almeno venti milioni di metri cubi per superare la crisi idrica e poter programmare la prossima stagione irrigua», sostiene Gavino Zirattu, presidente del Consorzio di Bonifica della Nurra e di Anbi Sardegna. Le restrizioni restano in tutti comuni serviti dall’acquedotto del Bidighinzu, attualmente con appena il due per cento di livello di riempimento, situazione che non ha sbloccato le interruzioni dell’acqua a giorni alterni per far fronte alla siccità che continua a mordere e colpisce gli invasi del Nord Ovest.
I fondi
La risposta della Regione è arrivata con lo stanziamento deliberato dalla Giunta, su proposta dell’assessore ai Lavori pubblici, Antonio Piu: 4,5 milioni di euro per il collegamento degli invasi del Rio Mannu di Pattada a Monte Lerno e del Bidighinzu a Monte Orzastru. Opere ritenute strategiche per soddisfare il fabbisogno idrico della Sardegna Nord-Occidentale. Ma il presidente di Anbi Sardegna rilancia con proposte alternative. «Da anni proponiamo soluzioni più concrete e fattive», spiega Zirattu, «ovvero il progetto organico per la realizzazione della diga sul rio Badu Crabolu, tra Pozzomaggiore e Suni, che consentirebbe di costruire un invaso a costi limitati, circa 60 milioni di euro, in grado di completare lo schema idrico del Nord Ovest. Il piano, che andrebbe aggiornato, prevede opere a valle della diga, capace di invasare circa 42 milioni di metri cubi così da arrivare a gravitare sul Temo, sfruttando anche la possibilità di realizzare l’idroelettrico per produrre energia ed essere autosufficienti». Nel programma del presidente di Anbi Sardegna la riclassificazione del bacino del Cuga, attualmente con duplice funzione di uso agricolo e civile, per destinarlo a scopo esclusivamente irriguo. «È necessario, inoltre, immettere i reflui di Sassari, circa 12 milioni di metri cubi d’acqua, per dodici mesi all’anno all’interno della diga del Cuga - prosegue Gavino Zirattu – dove si sarebbero dovute realizzare ulteriori opere strutturali che avrebbero consentito di aumentare la capacità dell’invaso. Inoltre Alghero, approvvigionata per il 90 per cento dal Coghinas, in caso di emergenza riceverebbe acqua anche dal bacino di Surigheddu e direttamente dal Temo attraverso un piccolo collegamento apposito».
Acque reflue
Al termine di una stagione complicata neppure ristorata dalle recenti piogge, il Centro studi agricoli, presieduto da Tore Piana, ritorna sulle acque reflue depurate dall’impianto di Caniga, a Sassari, una risorsa strategica per scopi agricoli. «Quelle acque finiscono in mare, - spiega Piana – nonostante ci sia un progetto che consente di renderle idonee all’irrigazione attraverso una condotta che permette di trasportarle direttamente alla diga del Cuga. I lavori terminati nel 2015 con un investimento complessivo di circa 12,5 milioni di euro rappresentavano una soluzione concreta, ma il sistema non è stato mai attivato». Le norme regionali negli anni hanno modificato la funzione dell’impianto e con la costruzione di un bypass le acque depurate sono state collegate direttamente al sistema di distribuzione a valle della diga, di fatto riducendo il potenziale di stoccaggio dell’acqua soltanto per pochi mesi.
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