Il caso.

Mogherini, silenzi e veleni Ue 

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Dopo l’inchiesta su Federica Mogherini, Stefano Sannino e Cesare Zegretti, nelle istituzioni Ue il coro compatto dei no comment stona rispetto al brusio inquieto nei corridoi. A partire da Palazzo Berlaymont. «Le indagini sono in corso e stiamo seguendo la procedura», ha tagliato corto la portavoce dell’Alta rappresentante Kaja Kallas, senza smentire che l’indagine per turbativa d’asta su un appalto dell’Accademia diplomatica europea - che coinvolge il Collegio d’Europa di Bruges e il Servizio diplomatico Ue - sia partita da una fonte interna allo stesso Seae. Gli inquirenti continuano a setacciare documenti e materiale sequestrato, sottolineando che tutti e tre gli indagati hanno risposto alle domande con «spirito collaborativo» ma «nessun nuovo sviluppo è escluso». La lettera con cui Kallas si è rivolta mercoledì al personale del Seae avrebbe dovuto rassicurare. Invece ha spalancato interrogativi: «La vasta maggioranza di voi sta svolgendo un lavoro eccellente», aveva scritto, lasciando affiorare l’ombra di una minoranza che eccellente non sarebbe. Un giudizio sottile, rivolto a un corpo diplomatico attraversato da divisioni e ripicche, dal quale Sannino era uscito a inizio anno per approdare alla Direzione generale Nord Africa, Medio Oriente e Golfo. E poi: «L’integrità e la responsabilità possono solo migliorare sotto la mia supervisione», a suggerire come le stagioni precedenti, da Mogherini allo spagnolo Josep Borrell, non fossero un modello. Tanto da aprire una resa dei conti interna, un clima avvelenato in cui le talpe - vere o presunte - fanno dell’Europa terreno fertile per euroscettici e avversari come Mosca. E anche uno dei più fedeli alleati di Borrell, il socialista Nacho Sanchez Amor, ha scelto il silenzio. A rafforzare l’ipotesi che dietro la vicenda possa celarsi una mano politica c’è anche la posizione del mondo accademico. L’Istituto universitario europeo (Eui) di Firenze e l’Accademia europea di pubblica amministrazione (Euipa) di Maastricht - pilastri della formazione europea con il Collegio - parteciparono al bando del 2022 senza mai presentare ricorsi. Dai consorzi emerge anzi un messaggio chiaro: ciascuno presentò la propria proposta, consapevole che «competere con il Collegio d’Europa significa misurarsi con un’istituzione di alto prestigio e con una lunga tradizione di cooperazione». Chi era in gara non vide nulla che somigliasse a un’irregolarità.

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