Contro i dazi statunitensi c'è un unico spazio di manovra - quello europeo - e un solo possibile approccio, una trattativa serrata senza reazioni avventate. Ne è convinta la premier Giorgia Meloni che, dopo il weekend arroventato dagli annunci di Donald Trump, si trova a fronteggiare sia il fuoco di fila delle opposizioni, che l'accusano di «subalternità» e mancanza di coraggio, sia le prime fibrillazioni nella stessa maggioranza. Con Matteo Salvini che continua a prendersela con Bruxelles (le imposte a stelle e strisce sono «sciagurate ma burocrazia e vincoli di Bruxelles lo sono altrettanto) e il suo partito che rilancia la causa di un negoziato diretto con gli Usa.
«Avviare trattative bilaterali e provare così a mettersi in salvo», propone il senatore leghista Claudio Borghi. Mentre FI e FdI fanno muro, sventolando i trattati: «La competenza sul commercio internazionale è di competenza esclusiva europea». Una linea, quest'ultima, di certo sposata dal capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha sempre richiamato all'unità d'intenti dell'Europa e ora - in occasione della festa nazionale francese - ribadisce come «una collaborazione strutturata tra partner fidati sia indispensabile per affrontare l'attuale contesto internazionale, segnato da sfide complesse e tensioni crescenti».
Il ministro degli esteri Antonio Tajani parte per Washington dove incontrerà il segretario di Stato Rubio. Nel frattempo, predica "calma e sangue freddo" per "evitare una guerra commerciale" e auspica «una nuova politica espansiva della Bce anca centrale europea che tagli i tassi e proceda all’acquisto di titoli».
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