Lunghe notti di tensioni, riscritture, dietrofront ma alla fine la manovra incassa il primo via libera del Parlamento. Confermata la fiducia al governo, con 110 sì il Senato approva la legge di Bilancio, lievitata a 22 miliardi e che passa per un esame superblindato alla Camera. «Siamo intervenuti su questioni che sembravano quasi impossibili», commenta con orgoglio il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Come però riconosce il suo vice, il numero due al Mef Maurizio Leo, fino all’ultimo il cammino è stato impervio: la scelta di far saltare in extremis una manciata di norme - tra cui lo spoil system nelle Authority e la misura contro i lavoratori sottopagati - è infatti stata dettata dalla necessità di evitare rischi di «incostituzionalità del testo».
Le posizioni
Le opposizioni rivendicano di aver dato battaglia e evidenziano quelle che considerano le contraddizioni più macroscopiche. Lo fanno con i cartelli esposti dal Pd al momento del voto e tirando in ballo la stessa presidente del Consiglio: «Meloni voltafaccia», è la scritta bianca che campeggia su uno sfondo rosso. Di buon mattino è la commissione Bilancio del Senato a vidimare gli stralci dal testo che sarà poi approvato: cinque in tutto, dallo scudo per gli imprenditori all'allentamento di due norme per le sliding doors nella Pubblica amministrazione, dai magistrati fuori ruolo al personale Covip. Non è nell'elenco ma solo perché è saltata ancora prima, durante la composizione del maxiemendamento, la stretta sullo spoil system per le Autorità indipendenti.
Il testo
La manovra approda quindi in Aula ripulita e si aprono le danze delle dichiarazioni di voto sulla fiducia mentre il governo si accomoda ai banchi nell'emiciclo. C’è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, a cui i colleghi tributeranno un applauso durante il Consiglio dei ministri per aver portato a compimento il lavoro; c’è il titolare del Tesoro ovviamente e ad un certo punto arriva anche il collega e leader della Lega Matteo Salvini. La tensione nel partito è stata palpabile nelle giornate convulse dello scontro sulle pensioni. «Nessun gelo con Giorgetti», la versione ufficiale di Salvini. Il ministro dell'Economia, come gli è consueto, prova a svicolare usando l'ironia «magari gli porto un po' di carbone sotto l’albero». Il capogruppo leghista Massimiliano Romeo in Aula però chiede «maggiore attenzione ai dettagli» ai colleghi di governo: «Tutte le leggi di Bilancio hanno avuto sorprese, retromarce. Il veleno sta nella coda - dice ancora - è lì che arrivano le sorprese». I rapporti fra alleati ma anche attacchi agli avversari: il capogruppo di FI Maurizio Gasparri accusa le opposizioni di essere quelle che «spaccano la testa» ai poliziotti. I Dem respingono con nettezza e insieme agli altri partiti di minoranza puntano i riflettori sui contenuti della legge Bilancio. Insufficienti, a detta loro. Matteo Renzi cita Cocciante: è una manovra «brutta e senz’anima, mediocre come Giorgetti». Manca di visione secondo Carlo Calenda mentre per Avs è solo un'altra «legge classista che va a prendere sempre agli stessi», ai più deboli. Tutt'altra storia per governo e maggioranza: la manovra 2026 è «seria, affidabile, responsabile come tutta politica del governo», la tesi di Fd. «La finanza pubblica è solida» e il deficit tornerà «intorno alla soglia del 3% del Pil già quest'anno», assicura il programma di emissioni del Mef.
Il messaggio
Intanto, dopo aver dovuto placare le tensioni interne al governo sulle ultime modifiche alla manovra, le resta ancora da approvare il decreto sul sostegno militare all'Ucraina. È la coda di un 2025 che «è stato tosto per tutti noi», come Giorgia Meloni ha sottolineato nel discorso di auguri ai dipendenti della Presidenza del Consiglio, con una postilla e un consiglio: «Non preoccupatevi perché l'anno prossimo sarà molto peggio. Quindi riposatevi adeguatamente durante queste feste perché dobbiamo continuare a dare risposte a questa nazione straordinaria».
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