Come presidente del Coni potrà soltanto dare l’ok al progetto, ma Luciano Buonfiglio, ieri nell’Isola per la prima volta da quando è stato eletto (cinque mesi fa), conosce i sardi ed è convinto che Cagliari avrà il nuovo stadio: «Io ho piena fiducia nel presidente della Federcalcio Gravina e so che arriverà pronto con i migliori stadi per gli Europei del 2032. Poi spetterà a Cagliari farsi trovare con l’abito buono per l’occasione», ha detto parlando a margine del Consiglio regionale del Coni Sardegna a cui ha partecipato. Nel suo ruolo, però, il concetto che gli sta più a cuore non è quello dei grandi impianti, quanto « degli impianti di prossimità, quelli vicini a casa, perché è importante che i ragazzi possano frequentare le palestre e lì qualcuno li deve accompagnare».
Come si vede la Sardegna da Roma?
«Io penso di essere privilegiato perché la Sardegna l’ho sempre vista dall’interno. Questa è la prima volta che vengo da presidente del Comitato Olimpico ma conosco l’Isola dal 1977. Venni con la mia attuale moglie e quattro canoe sul tetto di una Fiat 127. Andammo a Torre delle Stelle, sulla spiaggia di Cannesisa, e organizzai dei corsi di canoa. Dopo 15 giorni rivendetti le canoe e ci facemmo altri 15 giorni di vacanza. Da allora sono rimasto affezionato perché la prima cosa che ti colpisce in Sardegna non è il paesaggio ma le persone. Gente solida, che quando parla sa cosa dice: si è creata amicizia in tanti posti dell’Isola e questo ha favorito anche la mia carriera nella Federcanoa, perché abbiamo sviluppato tanti club che l’hanno resa una regione protagonista».
E oggi?
«Nel tempo ho conosciuto tante realtà di altri sport, grazie soprattutto al presidente Bruno Perra. Quando sono stato vicepresidente del Coni abbiamo fatto un percorso insieme. Penso che la Sardegna meriti più attenzione da parte delle istituzione politiche ma anche del Coni. È uno dei motivi per cui sono qui».
Intanto la Sardegna, nonostante i pochi abitanti, contribuisce ai successi del movimento sportivo italiano con medagliati olimpici...
«Non solo medagliati ma anche tecnici che portano atleti a vincere le medaglie. Questo è uno dei punti sui quali insistere, perché la preparazione olimpica parte dalla formazione dei tecnici, dall’impiantistica che va realizzata, va gestita, che deve produrre attività e cultura sportiva. dalle ragazze e i ragazzi sino all’eccellenza. Ma oggi questo Coni che ho l’onore di rappresentare, insieme con Sport e Salute e con il Governo, cerca di sviluppare due linee guida: la cultura sportiva e i risultati di vertice. Quando la politica si rende conto che attraverso lo sport può arrivare in modo capillare (e qui sono fondamentali le strutture regionali) crea un esempio di come si può fare prodotto. Ormai siamo 14 milioni di tesserati, lo sport rappresenta l’1,5% del Pil (e approfitto per fare i complimenti al ministro Giorgetti per il nuovo rating di Moody’s). L’Italia esporta prodotti sportivi per 4 miliardi e mezzo di euro, una bella realtà».
Gli impianti ci sono, ma spesso non sono neppure omologati: come può il Coni aiutare a risolvere il problema?
«Stiamo potenziando il servizio impianti sportivi anche a livello regionale, fa parte del mio programma e sta assumendo sempre più importanza. Ma la realizzazione dell’impianto è una cosa, la funzione è un’altra e la gestione è ancora più importante».
Un tempo era il calcio, oggi a trainare lo sport italiano sono altre discipline.
«Sì, ma l’Italia sta andando avanti dappertutto. Il tennis? Non è soltanto Sinner, c’è la squadra di Coppa Davis. La pallavolo? Vince la squadra maschile ma anche quella femminile. Vogliamo parlare del ciclismo che vince, del nuoto che vince, della canoa, del canottaggio? O della vela? Su 41 discipline olimpiche siamo presenti dappertutto. Vuol dire che il lavoro delle Federazioni, delle Discipline associate e del Coni agisce in modo tale da strutturare le società sportive con manager, tecnici e un percorso che il Coni sostiene con la preparazione olimpica, con l’Istituto di Medicina dello Sport, con la ricerca sulle metodologie Anche se noi vediamo solo la punta dell’iceberg, che sono i risultati. Andiamo alle Olimpiadi con una squadra che non è mai stata tanto numerosa (oltre 220 atleti), con una sostanziale parità di genere e stiamo rispondendo a un messaggio sociale del Paese che vuole crescere nella cultura sportiva».
Il calcio oggi è sotto accusa per i Mondiali…
«Il calcio ha un milione e mezzo di tesserati, le Nazionali giovanili si comportano bene, Gravina è un ottimo presidente è sono sicuro che troverà la giusta ricetta e non solo per andare ai Mondiali. Perché io sono sicuro che andremo ai Mondiali e andrò vedere l’Italia per sostenerla. Ogni Federazione è importante e sta lavorando con non mai. Stiamo raggiungendo i due obiettivi: una squadra nazionale di vertice e uno sport di base inclusivo. Non tocca a me dirlo ma anche il Comitato Paralimpico, con il neo presidente Giunio De Sanctis, sta affrontando e risolvendo problematiche sociali importanti».
Con la riforma dello sport servono dirigenti qualificati: preferisce avere società sportive più numerose o meglio strutturate?
«Viviamo un momento di evoluzione. Tutti i soggetti interessati riconoscono il valore dello sport ma ci sono stati alcuni cambiamenti, per esempio relativi al lavoro sportivo, che hanno impattato in maniera traumatica su un mondo che era basato sul volontariato. Un pensionato di un ente pubblico che opera in una società sportiva per quattro lire, è messo in difficoltà. Tanti adempimenti che sono sacrosanti, forse sono arrivati tutti troppo insieme. Andavano graduati. In piena sintonia con il ministro Abodi e con il ministro dell’Economia e finanza, grazie a un gruppo di lavoro guidato da Andrea Mancino, abbiamo creato un tavolo tecnico che dialoghi con le società. Qualcosa si è fatto: pochi giorni fa, grazie al ministro Barelli, le società sono state esentate dall’Iva sino al 2036. Sui territori i presidenti dei Coni stanno operando con le regioni. Qui in Sardegna ci sono buone agevolazioni. La risposta? Preferisco tante società tutte belle strutturate».
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