Un mese e mezzo di indagini non ha ancora portato ad alcuna schiarita che squarci il mistero sulla scomparsa di Martina Lattuca, la libraia 49enne svanita nel nulla tra le rocce a strapiombo della Sella del Diavolo, il 18 novembre 2025. Il fascicolo aperto in Procura, assegnato alla sostituta procuratrice Rossana Allieri, è ancora senza ipotesi di reato, ma con l’indicazione generica di «persona scomparsa». Nulla, ad eccezione delle scarpe e dello zainetto recuperati qualche giorno dopo, avrebbe permesso agli investigatori di tracciare una ricostruzione certa dell’accaduto. Per ora, dunque, tutte le ipotesi restano in campo: dall’incidente al gesto volontario, lasciando – seppure marginalmente – lo spazio anche per l’accertamento di eventuali reati che dovessero emergere.
Le indagini
Carabinieri e investigatori della polizia giudiziaria della Procura avrebbero scandagliato a fondo la vita della donna sentendo parenti, amici e conoscenti, ma non trovando nulla che facesse pensare al fatto che la libraia stesse temendo qualcosa o che percepisse una qualsiasi situazione di pericolo. L’ultima traccia resta il filmato di un locale che si trova proprio nei pressi del promontorio quando, parcheggiata la sua Lancia Musa la si vede stringere in mano l’ombrello e dirigersi in un sentiero della zona. Poi più nulla. Nessuna ombra nella sua vita: riservata, legatissima al figlio, circondata da una famiglia amorevole e da tanti che le volevano bene anche nell’ambiente lavorativo. E allora che è successo? Nei primi giorni si è pensato ad una caduta accidentale in mare o ad un gesto volontario, anche se inspiegabile, ma col passare del tempo il fatto che il corpo non sia mai stato ritrovato ha fatto dubitare tanti (anche perché cose più piccole, come le scarpe, sono invece state trovate a distanza di pochi giorni anche da canoisti).
Resta il mistero
La famiglia, senza una risposta, chiede che non si archivino le indagini. Con una lettera aperta la cugina Alessandra (sostenuta dalla sorella Sara) non nasconde i dubbi dei parenti più stretti: «Ci è stato chiesto di credere», si legge, «che dopo un salto di 70 metri lo zainetto sia rimasto integro», perché comunque Calamosca non può essere «un buco nero dal quale si può scomparire senza lasciare tracce». Col passare delle settimane sempre meno persone credono all’ipotesi del suicidio, ma l’assenza di elementi e di novità sta anche facendo volare la fantasia di tanti con scenari che, al momento, nessuno degli investigatori sembra aver ancora ipotizzato.
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