La storia

«La mia vita su una ruota» 

Diciottenne di Soleminis organizza gare di impennate con la moto 

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Impennate e acrobazie su due ruote. La “bike life”, nata una quindicina di anni fa a Baltimora, Stati Uniti, è diventata un vero proprio stile di vita per tanti giovani, in gran parte minorenni, attratti da una pratica ad alto tasso adrenalinico. Un fenomeno che si sta diffondendo anche in Sardegna dove sono decine i ragazzi con la passione per le spericolate evoluzioni in sella a una moto. Uno di loro, Edoardo La Delfa, 18enne di Soleminis, grazie ai suoi video sul web è diventato una vera e propria star di Instangram con oltre 40mila followers. Oggi è lui uno dei punti di riferimento per i seguaci della bike life, non solo nell’Isola. Un’attività che gli è valsa un invito ufficiale all’Eicma, l’esposizione internazionale delle due ruote che si è tenuta ad inizio novembre a Milano. Un evento mondiale che ha richiamato nel capoluogo lombardo oltre 600mila visitatori.

Come nasce questa passione?

«Da bambino. Quando ho compiuto uattordici anni, dopo tante insistenze, sono riuscito a farmi regalare la prima moto dai miei genitori. Dopo un po’ ho cominciato a pretendere di più, a fare qualche acrobazia e a diffonderla via social. Da lì è stato un crescendo che mi ha permesso di conoscere altri ragazzi con la mia stessa passione».

Come la vivono i suoi genitori?

«All’inizio erano contrarissimi. Hanno cercato in tutti i modi di farmi cambiare idea. Alla fine hanno capito che questa è la mia grande passione. Per acquistare una nuova moto ho lavorato duro nei mesi estivi senza pregiudicare lo studio».

I suoi video spopolano sul web, come se lo spiega?

«Ci sono molti appassionati. In Sardegna il fenomeno sta iniziando a prendere piede, soprattutto nel Nord Sardegna, a Porto Torres e Sassari dove si è fatto qualche raduno. Certo, rispetto ad altre regioni italiane, come la Lombardia, c’è ancora molto da fare».

La bike life è illegale. Non si rischia di diffondere un messaggio negativo?

«Sì, ne sono consapevole. Purtroppo ci sono molti pregiudizi. La gente pensa male quando vede un gruppo di ragazzi in moto. Sul web capita di leggere commenti molto brutti».

Chi impenna in moto sa di mettere a rischio la propria vita?

«Il rischio esiste ma va valutato. Anche andare sui pattini è pericoloso.

Ma il pattinaggio viene praticato in spazi dedicati. La strada non lo è…

Il nostro non è considerato uno sport. L’obiettivo è rendere legale, entro certi limiti, questa pratica. Noi di solito ci raduniamo nei grandi parcheggi dove ci sono gli spazi per provare qualche acrobazia. Non impenniamo in mezzo alla strada dove passano le macchine e circolano i pedoni».

Però sul web si vedono video dove qualcuno impenna per strada.

«Sì, può capitare. È successo anche a me di stare in un gruppo dove qualcuno si è messo a fare lo scemo in mezzo al traffico facendoci arrabbiare tantissimo. In questi casi il rischio è altissimo. Basta un attimo per causare un incidente».

Trasmettere certi video può indurre qualcuno, soprattutto i giovanissimi, ad emularvi?

«Questo rischio c’era anche quando non esistevano i social. Chi di noi, da bambino, non ha provato ammirazione vedendo un ragazzo impennare per strada? L’importante è parlarne in modo corretto. Chi guarda un video deve sapere cosa c’è dietro. Non si può improvvisare».

Ha mai ricevuto una multa?

«Ovvio. È una cosa che si mette in conto quando si va in moto. Se capita sai che non puoi lamentarti con nessuno».

È mai caduto?

«Un sacco di volte ma per fortuna non mi sono mai rotto. Piuttosto si è rotta la moto, quello è il vero guaio».

Ma perché questi rischi?

«Per sentirsi veramente liberi. Quando si ha una giornata no, basta un giro in moto per rasserenarsi».

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