L’intervista

«Il futuro dell’Isola? I boschi, l’acqua e le nuove tecnologie» 

Nomadismo digitale e credito energetico nuove opportunità tra tanti cambiamenti 

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Acqua, boschi, nuove tecnologie. Salvatore Lai, sindaco di Gavoi per la quarta volta, ex assessore regionale, tratteggia un futuro da costruire con chiavi inedite.

Il nomadismo digitale salverà le aree interne?

«È una possibilità»

Gavoi ci crede molto?

«Sì, con un approccio realistico. Con le nuove tecnologie è possibile costruire rapporti di lavoro a distanza. Questo incrocia le esigenze, anche delle grandi aziende, di decentrare il lavoro e viene incontro a quelle di persone e giovani che vogliono realtà più vivibili».

Che risultati finora?

«Siamo agli inizi, alcuni giovani sono arrivati. Ragazzi di Gavoi hanno deciso di adottare questa forma di lavoro. Vorremmo intercettare, in percentuali minime, una realtà che nel mondo riguarda circa 50 milioni di persone. Il fenomeno cresce, si organizza attraverso associazioni con cui interloquire. Serve organizzarci».

Cosa propone?

«Gavoi è forse tra i primi a partire, ma il fenomeno riguarda un’Isola che nelle sue aree più pregiate dal punto di vista naturalistico ha modelli di vivibilità accoglienti e ritmi meno stressanti. Servono i servizi: sanità, mobilità, tempo libero. I nostri non possono essere solo luoghi dove ci si ritira per l’aria fresca o riposare. Per queste persone e per noi i servizi vanno adeguati. Domanda e offerta si devono costituire. Sulla domanda c’è un dato oggettivo. Dall’altro lato c’è una nostra intuizione, la capacità di osservare l’importanza del fenomeno: significherebbe avere persone nuove e giovani».

Cosa serve?

«Una riflessione dell’intera Sardegna. Sono fenomeni che richiedono un ruolo forte delle istituzioni a tutti i livelli per mettere a disposizione servizi, interventi di tipo agevolativo».

Ha un’idea da proporre?

«Ho una consapevolezza. Le popolazioni perdono abitanti che si spostano altrove. Sono giovani con formazione di un certo livello. Dobbiamo chiederci che fare perché quei giovani, non sacrificati nelle loro ambizioni, restino. E lavorare ad avere ingressi di persone che scelgono di vivere qui attraverso le tecnologie. La buona modernità va messa a disposizione di un grande cambiamento nel lavoro, nei servizi, nell’organizzazione del sistema sociale».

L’Einstein telescope?

«Può essere l’elemento di punta di un processo più generale. Se non introduciamo i cambiamenti necessari si rischia che quella esperienza non si incroci con la giusta esigenza di far lavorare i nostri giovani».

Altre possibilità?

«L’energia idroelettrica. Da noi nel bacino dei 5 laghi si produce oltre l’80 per cento dell’idroelettrico in Sardegna. Un grande valore. Questo ecosistema idrico va valorizzato perché è preziosissimo e con esso i boschi».

In termini turistici?

«No, generali. È una risorsa a cui è legato il futuro perché queste diventano le aree più vivibili della Sardegna. La risorsa idroelettrica ha un vantaggio rispetto alle altre nuove energie: la stabilizzazione dell’intero sistema. L’idroelettrico non conosce condizioni climatiche particolari: produce h 24».

Cosa significa?

«Questa risorsa deve avere ricadute sul territorio. Le convenzioni con Enel fatte negli anni 50 andranno ridiscusse. La Regione propone una società idroelettrica sarda. Queste comunità possono diventare soggetti che con la Regione entrano nel campo della produzione. E poi c’è il Taloro, luogo dove si produce questa energia: possono sorgere centri di ricerca».

E i boschi?

«C’è un concetto di credito energetico. I boschi catturano CO2, occorre mettere in pratica una legge del 2014. Abbiamo realtà che hanno una funzione sulla qualità dell’aria dell’intera Isola. Se un’impresa produce inquinamento deve compensare con la messa a dimora di piante. Laddove il bosco c’è già e migliora la qualità dell’aria non solo dei territori attorno che compensazione prevedere? Questo nuovo terreno è da esplorare».

Si ispira a un modello?

«Abbiamo un progetto, “La città ambientale della Barbagia”, del professor Vanni Maciocco, oggetto di confronto internazionale nel campo dell’urbanistica e dell’architettura. C’è un nuovo modo di vivere, di produrre, di consumare. In alcune realtà ci sono industrie, in altre grandi patrimoni naturali sottoutilizzati. Li vediamo come elementi importanti di paesaggi, cominciamo a pensarli in modo nuovo».

La politica è all’altezza?

«C’è un’inadeguatezza a tutti i livelli perché l’economia e la finanza corrono a una velocità enorme. Operiamo secondo vecchi schemi. Serve una funzione pubblica che non ferma l’economia ma dà regole».

Lei ha un passato nel Pci, Pds, Ds, Italia dei valori. Che direbbe al campo progressista?

«Di recuperare una visione generale, di confrontarsi sui temi forti del cambiamento e di lasciare perdere ciò che nella battaglia politica interna è semplicemente tattica. Bisogna recuperare la stessa tensione vissuta con il Piano di rinascita in cui le forze politiche riscoprono la missione di una Sardegna che con le cose migliori della sua storia e tradizioni entri in questa sfida con piena consapevolezza. Oggi per paradosso le zone interne possono rappresentare una risorsa, uno dei punti avanzati dell’Isola».

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