25 novembre

È legge l’ergastolo per i femminicidi 

Ieri corteo a Cagliari: «Ma ora si deve lavorare sui giovani per cambiare la mentalità» 

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Chi è morto non ha voce, ovvio. In realtà, ovvio non lo è per niente. La voce ce l’hanno, e pure forte, le vittime di femminicidio: si sentiva forte e chiaro il loro messaggio, ieri nella Giornata contro la violenza delle donne. Quelle uccise da mariti, amanti, fidanzati gelosi, o da uomini respinti fin dal primo approccio. A ricordarle sono state le manifestazioni in tutta Italia, Cagliari compresa, del movimento “Non una di meno” nel giorno in cui, non esattamente per caso, l’ergastolo per chi commette un femminicidio è diventato legge.

Il carcere a vita

Il 23 luglio era arrivato il sì del Senato, ieri all’unanimità quello della Camera: il femminicidio è ora un reato a sé grazie all’articolo 577 bis del Codice penale. Punisce con pene fino all’ergastolo chiunque provochi la morte di una donna, "commettendo il fatto con atti di discriminazione o di odio verso la vittima in quanto donna, ovvero qualora il fatto di reato sia volto a reprimere l'esercizio dei diritti, delle libertà ovvero della personalità della donna". Previste norme sui benefici penitenziari nei confronti dei condannati per femminicidio e altre che rafforzano gli obblighi di formazione per la lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica. Cade poi il limite dei 45 giorni per il Codice rosso per le intercettazioni e il contrasto alle droghe dello stupro: sarà più semplice individuare le tracce della sostanza nella vittima.

Il corteo cagliaritano

Tutto questo le donne, diversi uomini (sempre pochi) e qualche transfemminista che ieri sera attraversavano Cagliari per il corteo contro i femminicidi, ancora non lo sapevano: l’hanno scoperto alla fine della manifestazione partita alle 19 da piazza San Michele e culminata al Bastione di Saint Remy. Ed è una vittoria non da poco per “Non una di meno”, cioè le associazioni che combattono i femminicidi: da tempo chiedono l’inasprimento delle pene per gli uomini che privano della vita le donne che non li vogliono, o non li vogliono più, o scappano da un passato di botte e maltrattamenti. Una manifestazione si è svolta anche a Qurtu: c’era anche la velocista campionessa europea under 23 nei 200 piani, Dalia Kaddari.

«Un primo passo»

Ma ora che il femminicidio è legge, i manifestanti sanno bene che questo importante passo in avanti non basterà: «Che sensibilità volete che ci sia verso il femminicidio, in un Paese che ha mantenuto le attenuanti per il delitto d’onore fino al 1981?» lamenta Afra, una delle partecipanti a un corteo in cui i manifestanti usano solo il nome di battesimo. Giovanna è contenta per la partecipazione, alla manifestazione cagliaritana, di tanti universitari, ma si chiede: «Dove sono i liceali? Questa piaga italiana dei femminicidio dev’essere affrontata e discussa anche con i giovanissimi: è un fatto culturale». Tutte ricordano che il patriarcato ancora resiste e Bruna ammonisce: «Questa non è una battaglia delle donne, infatti gli uomini sono benvenuti e il loro sostegno è fondamentale per spiegare l’ovvio, cioè che le donne sono libere di stare con chi vogliono, a chi proprio non lo vuole capire».

La sedia occupata

Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il Consiglio regionale ha organizzato “Posto occupato”, un’iniziativa della Difesa civica nazionale. «Quel posto in prima fila», ha detto il presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini, «simboleggia una donna che non c'è più. L'abbiamo fatto qui, nella Casa dei sardi, perché quando entriamo in aula non dobbiamo dimenticare che una donna non c'è più».

I numeri

Quest’anno in Sardegna c’è stato un solo femminicidio: quello della 33enne Cinzia Pinna a Castelsardo, del quale è accusato Emanuele Ragnedda, imprenditore vinicolo di Arzachena. Un dato in apparenza consolatorio, quello isolano, che però arriva dopo sette anni in cui 29 donne sono state uccise da uomini, quasi sempre partner o ex. Nel 2024 i femminicidi furono sei. Si sommano alle molestie sessuali, alla prevaricazione e allo stalking. La strada si accorcia, ma resta lunghissima.

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