Bruxelles. Dodici giorni per trovare un accordo senza restare schiacciati da Donald Trump. Il capitolo dazi torna nuovamente nel vivo dopo la proposta inviata dall’amministrazione americana alla Commissione Ue. Più che una vera e propria offerta da Washington è arrivato un testo preliminare, che non contiene cifre ma dà per scontato un principio: i dazi americani sui prodotti europei partiranno dal 10%, quelli europei da zero. Il documento punta ad un accordo provvisorio entro la fatidica data del 9 luglio, quando scadrà la sospensione delle tariffe al 50% voluta da Trump. Gli Usa hanno aperto anche a un rinvio della deadline ma l’Ue mira a un’intesa entro il 9. E le due controparti si dicono «fiduciose» che ciò possa accadere ma, a Bruxelles, «tutte le opzioni restano sul tavolo».
Nuovo tavolo
E, nel frattempo, Ursula von der Leyen ha aperto un altro tavolo, quello della riforma del Wto. Eppure nessuno a Bruxelles si spinge già ad esultare. Innanzitutto, oltre ad essere piuttosto fumosa, la proposta di Trump è anche ben custodita: secondo fonti qualificate in pochissimi, a Palazzo Berlaymont, hanno avuto modo di leggerle. Von der Leyen, parlando ai leader dei 27 al Consiglio europeo, ne ha fatto cenno, ma senza andare oltre. La settimana prossima, forse mercoledì, la Commissione potrebbe illustrarla ai Rappresentanti Permanenti dei 27. A conoscerla è certamente il commissario Maros Sefcovic, che poche ore dopo ha avuto un colloquio telefonico con il capo negoziatore d’Oltreoceano, Jamieson Greer. «Continuiamo a lavorare intensamente per una soluzione negoziata tra l’Ue e gli Usa. Apprezziamo l’impegno costruttivo con lui», ha spiegato Sefcovic.
Il caso Canada
Sulla sponda Ovest dell’Atlantico Trump manda segnali contrastanti. Interrompendo, ad esempio, improvvisamente le trattative con il Canada e accusando Ottawa di aver imposto una tassa sui servizi digitali sulla aziende americane, «un diretto e chiaro attacco al nostro Paese». Soffermandosi sull’Ue Trump ha detto che la scadenza del 9 luglio per i dazi potrebbe essere «estesa o accorciata», e ha preannunciato che la settimana prossima arriveranno «le lettere» a 200 Paesi con cui il contenzioso è aperto. «Alcuni saranno delusi perché dovranno pagare», ha affermato. Per l’Ue, se Trump facesse distinzioni tra gli Stati membri nell’imposizione dei dazi, si tratterebbe di un problema in più, visto che la risposta - secondo le norme Ue - deve essere collettiva. E il rischio è che dopo lo scontro al vertice Nato, Trump concretizzi le sue minacce nei confronti di Pedro Sanchez e della Spagna.
Cautela
A Bruxelles è ancora il tempo della cautela. Le divisioni interne sono dietro l’angolo, a partire da quelle tra la Francia (più intransigente nella trattativa) e la Germania (molto più morbida). È possibile che Trump chieda un rinvio o un ridimensionamento del Digital Markets Act a tutela delle Big Tech. Di contro l’Europa farà valere l’intesa dell’Aja sul 5% alla Nato. Un’intesa che favorirà, inevitabilmente, i produttori di armi americani. Parigi, ma anche Roma, saranno molto attenti a valutare eventuali compensazioni da chiedere a Washington a fronte dei dazi del 10%, con l’obiettivo di evitare «asimmetrie» sconvenienti per le imprese del continente. Nel frattempo Bruxelles mantiene aperta la porta delle contromisure, da quelle tariffarie al bazooka dello Strumento anti-coercizione. Tutelarsi è un obbligo.
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