Teheran. Si infiamma la protesta in Iran. Gli studenti di diverse università, da Teheran a Isfahan, sono scesi in piazza ieri per protestare contro il deterioramento della situazione economica nel Paese, unendo la loro voce a quella dei commerciati che da tre giorni contestano la precarità della vita in una società strangolata da carovita, inflazione galoppante e perdita verticale del potere d'acquisto della moneta locale oramai al minimo storico sul dollaro. Le mobilitazioni hanno coinvolto gli atenei più prestigiosi dell'Iran e sono state confermate anche dalla agenzia Ilna, legata al movimento operaio iraniano.
Era dal 2022 che in Iran non si vedevano proteste di tali dimensioni. Da quando Mahsa Jina Amini, una studentessa ventiduenne arrestata per aver indossato l'hijab in modo scorretto, morì mentre era sotto custodia della polizia. Una morte che scatenò tumulti in tutto il Paese. Il regime ha teso una mano a chi protesta: il presidente Masoud Pezeshkian ha chiesto al ministro degli Interni di ascoltare le «richieste legittime» dei manifestanti e di avviare con loro un dialogo «affinché il governo possa fare tutto il possibile per risolvere i problemi e agire responsabilmente».
Le parole del presidente Pezeshkian sono rivolte ai negozianti, categoria che ebbe un ruolo cruciale nella rivoluzione islamica del 1979. Al centro delle proteste c'è la disastrosa situazione economica in cui vive la gente, schiacciata da diversi fattori. Da un lato, l'elevata inflazione, oramai al 42,2% annuale e avvitata nella spirale dell'iperinflazione. Dall'altro, il crollo sul dollaro del rial, la valuta nazionale. Lunedì il biglietto statunitense è stato venduto sul mercato iraniano a circa 1.430.000 rial: un aumento del 20% rispetto al mese scorso. L'inevitabile aumento vertiginoso dei prezzi morde quotidianamente la vita delle persone, coi prezzi dei prodotti alimentari e di altri beni di prima necessità che mettono a dura prova i bilanci delle famiglie.
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