La riforma del danno erariale è legge. Il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge di FdI che modifica le competenze della Corte dei conti, e che nelle intenzioni dei proponenti contrasta la paura della firma da parte dei pubblici ufficiali e degli amministratori, rallentando l'attuazione del Pnrr. Una narrazione contestata dalle opposizioni, che tuttavia in Aula non hanno attuato l'ostruzionismo, ed anche dai giudici della Corte dei conti e da realtà come Libera, che paventano l'affievolimento dei controlli sul denaro pubblico. Il ddl è stato presentato alla Camera a fine 2023 dall'allora capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti, e dopo un iter lungo nei due rami del Parlamento è giunto al varo definitivo da parte di Palazzo Madama. I sì del centrodestra sono stati 93, i no delle opposizioni 53 e gli astenuti 5, tutti di Iv. Foti, nella relazione al disegno di legge, parlava di «firmite», la cosiddetta paura della firma degli amministratori, come motivazione della sua proposta. L'obiettivo era dunque accelerare le opere del Pnrr, di cui poi Foti è divenuto ministro responsabile.
Il ministro
«Una svolta politica chiara e coraggiosa - ha detto il ministro - con l'obiettivo di favorire l'assunzione di provvedimenti legittimi in tempi rapidi nella pubblica amministrazione». Peraltro, sin dal 2020, ai tempi del Covid, è in vigore uno «scudo erariale» che limita il danno erariale ai soli casi di dolo, escludendo la colpa grave. E la Corte costituzionale nel 2024, in una sentenza proprio sullo scudo erariale, aveva invitato il Parlamento a tipizzare (cioè definire bene) la colpa grave per la quale può essere richiesto il pagamento del danno. «Oggi si scrive una pagina buia per tutti i cittadini», ha commentato l'Associazione dei magistrati della Corte dei Conti, perché il ddl «segna un passo indietro nella tutela dei bilanci pubblici e inaugura una fase in cui il principio di responsabilità nella gestione del denaro dei cittadini risulta sensibilmente indebolito».
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