Cronaca

Cinzia assassinata con tre revolverate in pieno volto 

Omicidio di Palau, scricchiola la versione di Emanuele Ragnedda 

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Tre colpi di pistola esplosi in faccia. Un proiettile entrato vicino a uno zigomo e uscito sopra la nuca, con effetti letali, un altro entrato nella parte inferiore del viso e un terzo che ha colpito Cinzia Pinna di striscio. Tre tiri in rapida sequenza, a distanza ravvicinatissima, colpi di arma da fuoco che non sembrano compatibili con la risposta ad una aggressione. Probabilmente esplosi a bruciapelo, tanto che i proiettili sono entrati e usciti dalla testa della vittima. Colpi che, se confermati, rimettono in discussione la dinamica dell’atto che ha tolto la vita alla donna di Castelsardo. I dati che via via arrivano ai pm dai consulenti (in questo caso dall’autopsia e dagli accertamenti radiologici sul corpo della vittima) stanno riscrivendo il racconto del delitto di Conca Entosa.

La pistola sul viso

La confessione di Emanuele Ragnedda scricchiola, anche su un aspetto decisivo, ossia la ricostruzione del momento culminante dell’omicidio. L’uomo, davanti ai magistrati, ha descritto e spiegato il suo gesto come la reazione a una aggressione della donna, che avrebbe cercato di ferirlo con un lungo coltello da salumi. Ma l’ipotesi dei colpi a bruciapelo pone una serie di interrogativi sulla versione dell’imprenditore di Arzachena. Ragnedda ha dichiarato davanti alla gip del Tribunale di Tempio, Marcella Pinna, di essersi improvvisamente trovato davanti una persona che non era più in sé e che lo minacciava. Ha detto anche di non essere stato capace di affrontare con lucidità la situazione, che sarebbe stata risolvibile, ha detto Ragnedda, semplicemente abbandonando la stanza dove stava avvenendo la colluttazione con Cinzia Pinna. Ma una scarica di pistolettate in faccia da distanza ravvicinata, tutte andate a segno, non sembrano il risultato di una azione scomposta e sproporzionata, quanto di un gesto spietato e brutale. I pm Noemi Mancini e Gregorio Capasso, stando a indiscrezioni, non ritengono per nulla esauriente e soddisfacente la ricostruzione di Emanuele Ragnedda. Per questa ragione continuano gli accertamenti tecnici dei carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche di Cagliari). Anche il lavoro del pool di consulenti della pm Mancini (il medico legale Salvatore Lorenzoni, l’entomologa forense Valentina Bugelli, il tossicologo forense Silvio Chericoni) sta procedendo rapidamente, la Procura di Tempio cerca i riscontri (che su diversi aspetti non stanno arrivando) al racconto di Ragnedda.

Uccisa sul divano?

Domani il Ris sarà di nuovo a Conca Entosa, dentro la camera dove Cinzia Pinna è stata colpita a morte. Agli specialisti del Ris interessa molto la collocazione nella stanza del divano che Ragnedda ha trascinato fuori dalla casa dopo il delitto (forse aiutato da un’altra persona) e che ha smontato (manca all’appello una parte della spalliera). Cinzia Pinna potrebbe essere stata uccisa mentre si trovava sul divano (sostituito da Ragnedda con uno nuovo dopo il delitto). Il difensore dell’imprenditore, l’avvocato Luca Montella, contattato ieri, non ha voluto commentare le nuove attività di indagine ordinate dai pm. La prossima settimana, i giudici del Tribuale del Riesame di Sassari si occuperanno della situazione di Ragnedda, che nei giorni scorsi ha tentato il suicidio in carcere.

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