Washington. Il mondo Maga si spacca. L’alta tensione sul caso Epstein scalda gli animi e manda allo scontro diretto Donald Trump e quella che era la sua alleata di ferro, Marjorie Taylor Greene. Che i rapporti fra i due non fossero idilliaci era chiaro da settimane ma non tanto da lasciar immaginare uno strappo in diretta sui social. «Ritiro il mio sostegno a Marjorie Taylor Greene: è una traditrice», ha tuonato Trump sul suo social Truth in una serie di post infuocati, in cui ha attribuito le critiche che la deputata gli ha di recente rivolto al fatto che non le rispondeva al telefono.
«Carte da pubblicare»
La diretta interessata non è rimasta a farsi insultare e gli ha risposto per le rime: «Mi attacca per dare un esempio e spaventare tutti gli altri repubblicani prima del voto sui documenti di Epstein. È sorprendente quanto si stia battendo per fermare la pubblicazione delle carte». Taylor Greene è una delle deputate che ha firmato la petizione per costringere la Camera a votare sulla pubblicazione integrale dei documenti di Epstein in possesso del Dipartimento di Giustizia. Una firma che per Trump è stata un tradimento andatosi a sommare alle recenti dure critiche della deputata ai repubblicani per la gestione dello shutdown e al presidente. «Non lo abbiamo eletto per viaggiare per il mondo e ricevere una lunga lista di leader stranieri alla Casa Bianca», ha detto Green, esortando il suo partito a trovare una soluzione per l’Obamacare prima che i prezzi salgano con la fine dei sussidi e mettano ancora più in difficoltà gli americani. Le critiche di Taylor Greene riflettono un malumore crescente nel mondo Maga, che appare sempre più diviso e inizia a dubitare sulle capacità del presidente di mantenere le sue promesse elettorali.
Una causa per danni
Intanto, le scuse della Bbc non sono bastate a Donald Trump. Il presidente americano non molla la presa e annuncia che presenterà un’azione legale la prossima settimana, chiedendo in danni una cifra compresa fra 1 e 5 miliardi di dollari per il montaggio fuorviante del suo discorso del 6 gennaio del 2001, il giorno dell’assalto a Capitol Hill che è poi costato al tycoon il suo secondo impeachment. Trump in precedenza aveva aperto alla possibilità che le scuse sarebbero state sufficienti. Ma alla fine, consigliato dai suoi legali, ha deciso di procedere con la linea dura portando così oltreoceano la sua battaglia contro i “fake media” oltreoceano.
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