È ancora scosso, ma i mille e più messaggi di solidarietà ricevuti lo hanno ridestato, almeno dal punto di vista umano. Emanuele Cani, in fondo, di suo è solo inciampato ed è finito – in parte mandandola in frantumi – sulla vetrata realizzata dall’artista Mario Sironi nel 1932, quando nel palazzo di via Veneto a Roma c’era il ministero fascista delle Corporazioni, raffigurante la “Carta dei lavoratori”: «Quel che non capisco è l’odio seriale sui social», dice l’assessore all’Industria della Giunta Todde, 57 anni, di Carbonia, sposato, una figlia, ex deputato e segretario regionale del Pd sardo. «C’è un dato di fatto: ho rischiato di morire durante la mia attività. In due modi: mi sono ritrovato con la faccia e parte del corpo sospesi a dieci metri di altezza; cedendo, la parte centrale della vetrata sarebbe potuta finirmi addosso. Neppure fossi stato un kamikaze o un distruttore di opere d’arte: ero al ministero delle Imprese e del Made in Italy per lavoro, in occasione di Expo 2025. E, dopo aver assaggiato uno stuzzichino al buffet organizzato per la pausa pranzo, mi accingevo a raggiungere la sede capitolina della Regione per prepararmi alla riunione di Giunta».
Come è potuto accadere?
«Ho messo male un piede e, non essendoci a ridosso delle vetrate una barriera di sicurezza, ho rischiato di precipitare per diversi piani».
Insomma, la differenza nel giudizio mediatico la fa il danno alla vetrata di Sironi?
«Forse è così. Anche se, ripeto, non ne capisco la violenza delle accuse sui social».
C’è il video della sua caduta con i commenti più assurdi.
«So. Anche che qualcuno avrebbe gradito fossi precipitato».
Influisce forse il suo ruolo di assessore regionale?
«Può essere, ma non è ammissibile lo stesso. C’è un limite a tutto».
Presenterà denuncia?
«Sto pensando ad altro in questo momento».
A cosa?
«Alle stesse cose di quando sono scivolato: a mia figlia, che non trova giustificazione a tutto questo putiferio sul mio conto, a mia moglie, ai miei cari, al partito che rappresento con orgoglio nella Giunta Todde. Non siamo soli al mondo e abbiamo delle responsabilità».
Vi siete sentiti con la governatrice?
«Più volte. Come con i colleghi della Giunta e tanti consiglieri regionali. Ringrazio tutti per la vicinanza».
L’ha chiamata il ministro Urso?
«Sì, ed era preoccupato per la mia salute. Mi ha espresso solidarietà e io la mia gratitudine per questo».
Non ha ancora sentito, invece, la figlia di Sironi.
«Troverò il modo nei prossimi giorni».
Tornerà di nuovo al ministero delle Imprese?
«Ci sarei dovuto andare domani, sempre per questioni attinenti l’attività dell’assessorato. Mi collegherò in videochiamata per la vertenza Bekaert di Macchiareddu».
Non ci può andare?
«Mi è stato consigliato qualche giorno di riposo».
A livello fisico, ha superato?
«Mi hanno visitato, subito dopo l’accaduto, gli infermieri del 118 al ministero. Oltre ai graffi da smaltire, ho riportato un ematoma alla gamba destra. Un po’ di fisioterapia in ogni caso dovrò farla».
Come si sente?
«Come dopo un incidente stradale. Sto provando a capire come sia potuto succedere ma, in fondo, sono solo scivolato».
RIPRODUZIONE RISERVATA
Questo contenuto è riservato agli utenti abbonati
Per continuare a leggere abbonati o effettua l'accesso se sei già abbonato.
• Accedi agli articoli premium
• Sfoglia il quotidiano da tutti i dispositivi
