Sono ancora negativi, anche al termine delle vacanze estive, i segnali che arrivano dal mondo del commercio. Con gli italiani che anche a settembre hanno nuovamente stretto i cordoni della borsa per tutte le tipologie di spesa. Il segnale è arrivato questa mattina dai consueti dati dell'Istat e immediata è stata la preoccupazione espressa dalle principali associazioni di settore, oltre che da quelle di difesa dei consumatori.
I dati
La cattiva notizia è stata data dall'istituto di statistica secondo cui, dopo le contrazioni già rilevate nei mesi precedenti, a settembre le vendite al dettaglio hanno registrato un calo dello 0,5% rispetto ad agosto, sia in valore sia in volume. E la flessione ha riguardato tanto i beni alimentari, quanto quelli non alimentari: le vendite di alimentari sono scese dello 0,4% in valore e dello 0,5% in volume, mentre quelle dei non alimentari hanno registrato un -0,5% in valore e un -0,6% in volume. Su base tendenziale, invece, sempre a settembre le vendite al dettaglio hanno messo a segno un rialzo dello 0,5% in valore a fronte tuttavia di una diminuzione dell'1,4% in volume. Le vendite dei beni alimentari sono aumentate in valore (+1,5%) ma calate in volume (-1,8%), mentre quelle dei non alimentari sono diminuite sia in valore sia in volume. Per quanto riguarda in particolare i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali eterogenee tra i vari gruppi di prodotti, con l'incremento maggiore che riguarda i prodotti di profumeria, cura della persona (+4%), e i cali più consistenti per le calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-5,7%) e abbigliamento e pellicceria (-5,2%). Rispetto a settembre 2024, inoltre, il valore delle vendite al dettaglio è cresciuto per la grande distribuzione (+0,4%), per le vendite al di fuori dei negozi (+1,9%) e per il commercio elettronico (+7,3%), mentre c'è stata una flessione dello 0,4% per le imprese operanti su piccole superfici.
I segnali
«Anche a settembre la domanda di beni da parte delle famiglie ha continuato a mostrare gravi segnali di debolezza», avverte l'ufficio studi di Confcommercio secondo cui il recupero di reddito assicurato dal miglioramento del mercato del lavoro e dal rallentamento dell'inflazione «non riesce ancora a produrre effetti positivi sulla domanda delle famiglie». Confcommercio fa notare che nei primi nove mesi del 2025 gli acquisti sono calati dello 0,9% in volume, con punte allarmanti per i beni più tradizionali (abbigliamento, calzature e mobili) e per le vendite presso le piccole superfici. Alla luce di questi dati interviene anche Federdistribuzione secondo cui «resta prioritario mettere al centro dell'agenda politica il rilancio dei consumi interni». Un'occasione per indirizzare le risorse disponibili verso misure di carattere strutturale finalizzate a sostenere famiglie e imprese, potrebbe quindi essere la Legge di Bilancio in discussione in questi giorni, avverte. Un segnale di allarme arriva anche dalle associazioni dei consumatori e in particolare dal Codacons secondo cui i dati dell'Istat certificano ancora una volta come i rincari in alcuni comparti chiave impattino sulle famiglie e sulle loro abitudini, portandole a tagliare la spesa ma al tempo stesso a spendere di più.
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