Roma. Due nomi illustri tra i cinque poliziotti ai quali ieri l’Appello bis ha confermato la condanna a 5 anni per sequestro in relazione al caso Alma Shalbayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov espulsa nel 2013 con la figlia Alua. Sono Renato Cortese, il responsabile della Catturandi che arrestò Provenzano, e Maurizio Improta, presidente Osservatorio manifestazioni sportive. Chi li ha sentiti li definisce «profondamente amareggiati». Dopo la richiesta di assoluzione da parte del Pg, la condanna è «una mazzata inaspettata». Cortese, 61 anni, calabrese, approdato a Roma come capo della mobile dopo l’impegno contro mafia e ’ndrangheta, sembrava in rampa di lancio. Il blitz nella villetta del kazako segnò una battuta d’arresto, ma poi era diventato questore di Palermo e da due anni è prefetto. Il 63enne Maurizio Improta, napoletano, è stato questore e responsabile della Polfer. Per l’Associazione nazionale funzionari di polizia i cinque agirono «nell’esclusivo adempimento dei loro doveri istituzionali».
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