Delitto a Palau

Ammazzata e buttata via dall’uomo di cui si era fidata 

L’incontro l’11 settembre e poi un colpo di pistola nella notte 

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Si è fidata Cinzia Pinna, forse ha anche creduto che l’uomo gentile che la ha avvicinata a Palau la sera dell’11 settembre, avrebbe potuto aiutarla. Lei non stava bene, le era successo altre volte. Era una donna fragile Cinzia, ma amava la vita e nonostante le difficoltà e tanti problemi stava cercando la strada per una esistenza almeno serena. La stavano aiutando i familiari, i genitori e la sorella Carlotta, e gli amici. Le stesse persone che per 12 giorni l’hanno cercata disperatamente. La storia di Cinzia, 33 anni, figlia di una coppia di ristoratori di Castelsardo, è, purtroppo, ancora una volta, la storia di una donna che viene uccisa e buttata via come spazzatura. Nessuna pietà per lei, dalla sera di giovedì 11 settembre il trattamento che le è stato riservato è di puro disprezzo.

Ricerche disperate

Forse Emanuele Ragnedda e Cinzia Pinna si conoscevano da tempo, lei lavorava a Baia Sardinia e qualche volta frequentava i locali di Palau. Nella tarda serata dell’11 settembre, stando alle indagini, la donna sale nell’auto dell’imprenditore e i due si allontanano dal paese. Da quel momento non si avranno più notizie di Cinzia. Il giorno dopo i familiari iniziano a preoccuparsi, perché la giovane non risponde al telefono. La sorella Carlotta lancia un appello sui social, chiede a chiunque sappia qualcosa di mettersi subito in contatto con lei o con le forze dell’ordine. Parte il piano di ricerca della Prefettura di Sassari. Ragnedda segue tutto, lui sa che quelle ricerche sono perfettamente inutili. Il corpo della vittima è stato già scaricato in aperta campagna, brutalmente, esposto a intemperie e animali.

I primi sospetti

Ai Carabinieri arrivano degli input allarmanti, i militari della Stazione di Palau mettono insieme alcuni dati e inviano una prima informativa alla Procura di Tempio. Anche se lui non lo sa, Emanuele Ragnedda la settimana scorsa era già sotto inchiesta. Non formalmente, ma gli investigatori hanno la prova che Cinzia ha lasciato Palau con lui prima di sparire nel nulla. La svolta arriva lunedì, quando l’imprenditore viene convocato in caserma. La sua è una posizione neutra: persona informata sui fatti. Ma ci vogliono pochi minuti per trasformarsi in indagato. Dice: «Siamo stati insieme. Mi sono svegliato ed era morta». Segue un racconto confuso e l’accusa mossa ad un’altra persona, alla quale attribuisce la responsabilità di avere nascosto il corpo della vittima. Ragnedda lascia la caserma e torna a casa. Non sa, però, che alle indagini viene impressa una decisa accelerazione dalla pm Noemi Mancini. La magistrata ipotizza già l’omicidio volontario e viene sequestrata una pistola.

La fuga

Così si arriva a ieri mattina. Emanuele Ragnedda fa una cosa stranissima. Prende un gommone e da Cannigione raggiunge via mare Baia Sardinia, dove si schianta sugli scogli. Quindi si reca in un appartamento che usa abitualmente. I Carabinieri lo prelevano nella casa. Poche ore dopo confessa. Ora dovrà spiegare perché ha cercato di lavare il divano fuori dallo stazzo di Conca Entosa e perché ha messo le federe dei cuscini in lavatrice. Dovrà anche spiegare perché ha sparato contro Cinzia e, se lo ha fatto deliberatamente, oppure giocando con la pistola. In ogni caso, il nome di un’altra donna è stato aggiunto ad un elenco che è un’insopportabile infamia per ogni persona civile. (a. b.)

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