Il caso

Almasri arrestato a Tripoli: «Un criminale» 

A gennaio rimpatriato dall’Italia con volo di Stato. Conte e Schlein: «Una vergogna» 

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BRUXELLES. Dall'abbraccio dei connazionali per il rientro in Libia all'arresto detentivo, con un unico filo rosso: l'essere accusato di crimini contro l'umanità. La parabola di Osama Njeem Almasri, l'ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli ricercato dalla Corte Penale internazionale, fermato e rilasciato nel gennaio scorso dalle autorità italiane, si arricchisce di un nuovo colpo di scena. Da Torino era stato rimpatriato su un volo di Stato. Schlein e Conte: «Una vergogna, l’esecutivo chieda scusa agli italiani».

In manette

Nella tarda mattinata i media libici annunciano che il generale libico è agli arresti. «Ha torturato e ucciso», è l'accusa della procura di Tripoli che, dopo averlo interrogato, ha optato per la carcerazione preventiva in attesa della sentenza. La notizia attraversa il mar Mediterraneo in pochi secondi. Il nome di Almasri è legato ad uno dei casi più spinosi che il governo di Giorgia Meloni ha dovuto affrontare in questi ultimi mesi. Tra il 19 e il 21 gennaio scorsi Almasri, sul quale spiccava - e spicca - il mandato di cattura della Corte dell’Aja, veniva fermato e rilasciato dalle autorità italiane. Con un volo di Stato il "torturatore di Tripoli" - questo il soprannome con cui era conosciuto nel Paese nordafricano e tra le Ong - veniva espulso in Libia e accolto, già nella pista dello scalo della capitale, dalla festa dei suoi compatrioti. Da lì in poi Almasri è stato protagonista di un feroce scontro tra governo e opposizioni e di un delicato contenzioso tra Roma e la Cpi presso la quale il governo rischia ancora il deferimento presso l'assemblea degli Stati firmatari dello Statuto di Roma. L'ultima tappa del contenzioso sull'asse Olanda-Italia solo pochi giorni fa, quando il governo, replicando alla richiesta di chiarimenti della Corte, ha assicurato che opererà una revisione delle procedure di cooperazione con la Corte. Ma è dalla Tripolitania che è arrivato il vero colpo di scena. Almasri è stato rinviato a giudizio con l'accusa di aver torturato migranti e ucciso almeno uno di loro. Il procuratore di Tripoli Sadiq al Sour, secondo i media locali, grazie anche alla collaborazione con la Cpi, ha ritenuto di avere le prove necessarie per procedere con la carcerazione preventiva. La Corte dell'Aja ha precisato di non voler per il momento fornire commenti. Di certo, le accuse indicate dalla procura di Tripoli sono molto simili a quelle per le quali la Cpi aveva spiccato un mandato di cattura internazionale. Le stesse che diversi detenuti dei lager libici avevano raccontato sia in Parlamento a Roma sia all'Eurocamera a Strasburgo. L'arresto di Almasri ha riportato il caso al centro della cronaca politica in Italia con il governo che, in serata, ha fornito una sua versione dei fatti, finora inedita: l'esecutivo era a conoscenza di un mandato di cattura emesso dalla procura di Tripoli già nel mese di gennaio, ragione fondamentale per cui ha proceduto all'immediata espulsione in Libia e non all'estradizione presso la Cpi.

Le cause

Ma l'arresto di Almasri è figlio dell'endemica instabilità di un Paese con cui 13 Ong specializzate nel soccorso di migranti hanno deciso di troncare ogni contatto, accusando il Centro congiunto di coordinamento dei soccorsi di Tripoli (Jrcc) di «crescenti violazioni dei diritti umani».

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