Al Policlinico di Monserrato c’è un ambulatorio che si prende cura del cuore dei bambini. A guidarlo è un un’equipe tutta al femminile che segue i primi battiti fin dal feto per diagnosticare in tempo le cardiopatie congenite.

La dottoressa Paola Neroni è la responsabile di questo ambulatorio di cardiologia pediatrica, affiancata dalla dottoressa Alessandra Atzei e dall’infermiera Daniela Loi.

A dar loro una mano arrivano fondi speciali. Sono i 4 mila euro raccolti dell’ambito del progetto Alba Vitae dell’Associazione Italiana Sommelier sezione Sardegna che ha donato i fondi all’onlus I Quattro Cuori che supporta appunto i bambini affetti da cardiopatia congenita e le loro famiglie nelle fasi connesse al delicato decorso clinico. La consegna della somma nel corso di una cerimonia (patrocinata dal Comune di Quartu) nell’ex convento dei Cappuccini.

«L’iniziativa benefica nasce in origine in Veneto», spiega il presidente di Ais Sardegna Roberto Dessanti, «dove la portano avanti da dieci anni con lo scopo appunto di raccogliere fondi da destinare nel sociale. Mi è piaciuta talmente tanto che ho chiesto di copiarla».

E le cose poi sono andate anche al di là delle aspettative. «Di tutto si è poi fatta carico l’associazione nazionale», aggiunge Dessanti, «e hanno aderito otto regioni tra cui appunto la Sardegna e io non potevo certo tirarmi indietro dal momento che ero stato il primo a propormi».

E così è nata questa Alba Vitae. «Abbiamo scelto uno dei vini della cantina Argiolas e abbiamo messo in vendita la bottiglia in un sito online del Veneto, oltre che tramite un passaparola tra noi sommelier. Alla fine siamo riusciti a raccogliere 4 mila euro».

Perché a volte una bottiglia può anche salvare una vita e agire in tempo resta la cosa essenziale. Lo sa bene la dottoressa Neroni che ogni giorno ha a che fare con i piccoli pazienti dell’ambulatorio, spesso quando sono ancora nella pancia della mamma.

«Noi partiamo proprio dalle gestanti, da uno screening del feto – spiega Neroni – e poi portiamo avanti un ecocardio fetale per escludere o confermare cardiopatie congenite. Una volta fatto questo, in base a quello che abbiamo riscontrato, decidiamo se fare nascere il bambino qui o se invece mandarlo altrove perché non abbiamo la cardiochirurgia pediatrica. La gestante quindi può dover partire alla trentacinquesima settimana per partorire in un’altra regione».

La stragrande maggioranza dei casi, «per fortuna sono tutti trattabili e gestibili», assicura la dottoressa Neroni, «dopo di che ci occupiamo dei neonati fino all’adolescenza seguendo i cardiopatici congeniti».

Nell’ambulatorio del Policlinico la media è di 6 mila consulenze l’anno. I pazienti seguiti dal 2014 a oggi con cardiopatie congenite sono invece 500. «La malattia non è infrequente», dice ancora Neroni, «la media è di un caso su 100 nati vivi». Ed è anche ugualmente distribuita, «non ci sono differenze sulle percentuali di casi tra maschi e femmine».

Di certo l’ambulatorio offre un porto sicuro alle mamme che devono affrontare un percorso non sempre facile. Soprattutto chi si trova a dover fare i conti con la malattia ha la certezza che sarà costantemente seguito nelle varie fasi della vita.

«Io collaboro con la dottoressa Neroni e seguo il reparto», spiega la dottoressa Alessandra Atzei, «faccio un primo step in terapia intensiva neonatale». Ma come si fa a rimanere distaccati davanti alla malattia di un bambino? «Infatti non si può», aggiunge Atzei, «sei talmente coinvolta che mai puoi rimanere distaccata. Il distacco emotivo con i piccoli pazienti non esiste. La freddezza c’è solo per capire come agire».

Importantissimo il ruolo dell’infermiera Loi. «Io preparo i bambini prima della visita, studio il loro comportamento. L’età più difficile nell’approccio è quella tra uno e due anni, piangono, bisogna giocare con loro, aiutarli a non avere paura».

Giorgia Daga

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