Formazione e aggiornamento professionale per dipendenti, imprenditori e amministratori locali; e ancora innovazione delle attività e dei processi produttivi, sostegno all’internazionalizzazione con un occhio di riguardo all’occupazione giovanile e a quella femminile in particolare e a una macchina amministrativa più efficace.

Sono solo alcuni degli interventi che la Cna Sardegna sollecita al governo regionale per cercare di risollevare l'economia isolana, arrivata con un ritardo eclatante in termini di crescita della produttività aggregata all’appuntamento con l’emergenza Covid-19, la peggiore crisi del dopoguerra.

Un ritardo che si è riflesso, specialmente nel periodo più recente, in performance economiche tra le peggiori in Italia.

I DATI - In base all’ultima ricerca del Centro studi dell'associazione di categoria, il sistema socio-economico isolano ha infatti registrato un calo della produttività molto più accentuato del resto d’Italia.

In particolare, negli ultimi 25 anni il tasso annuo di crescita dell’Isola (0,28%) è stato meno della metà di quello nazionale (0,61%).

Tra il 2015 e il 2019 l'Isola si è posizionata al penultimo posto tra le regioni italiane per crescita cumulata del PIL: l’efficienza produttiva è diminuita dello 0,4% ogni anno, mentre a livello nazionale è cresciuta dello 0,1%.

Nel 2018 la produttività oraria è stata di circa 30 euro per ora lavorata, contro una media nazionale di 36 euro (41 euro nel Nord-Ovest e 38 nel Nord-Est).

ECONOMIA VULNERABILE - Secondo Cna, il gap accumulatosi negli anni trova spiegazione in una serie di fattori strutturali che rendono quella della Sardegna una delle economie più vulnerabili al livello nazionale. Una debolezza che deriva in primis dalla struttura del sistema produttivo, caratterizzato da entità produttive di piccola dimensione e realtà industriali scarsamente capitalizzate, poco strutturate e attive prevalentemente sui mercati locali.

La dimensione media dell’impresa sarda è di 2,9 addetti, contro i 3,9 medi nazionali e i 4,5 nelle regioni del Nord. In Sardegna le imprese con meno di dieci addetti assorbono il 62% dell’occupazione (44% la media nazionale).

A penalizzare il sistema produttivo sardo, ricorda Cna, è poi anche "una scarsa capacità di innovazione e di internazionalizzazione da parte delle aziende, una scarsa valorizzazione del capitale umano, soprattutto giovanile, e una scarsa capacità da parte degli organismi preposti a prendere le decisioni strategiche".

“Il rischio è che la tremenda crisi economica innescata dalla pandemia possa compromettere ulteriormente la capacità produttiva sarda, in termini di fallimenti aziendali e aumento della disoccupazione, in un contesto caratterizzato da una scarsa efficienza nella riallocazione delle risorse produttive”, spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna.

Tra il 2012 e il 2018 le imprese sarde con più di 10 addetti hanno speso in ricerca e sviluppo 58mila euro all’anno contro i 194mila euro della media nazionale. Nel 2018 solo il 44% ha condotto attività innovative (media nazionale 56%) e solo il 40% ha introdotto innovazioni di prodotto o di processo (50% media nazionale).

LE DIMENSIONI - Solo il 58% delle imprese sarde con più di dieci addetti ha un sito internet, contro l’82% delle imprese lombarde o venete; appena il 54% fornisce ai i propri addetti dispositivi portatili connessi. E solo il 6,3% delle PMI sarde possiede una elevata propensione all’internazionalizzazione contro una media nazionale del 20,7%.

ISTRUZIONE E FORMAZIONE - Con riferimento ai laureati, la percentuale tra la popolazione con più di 24 anni non supera in Sardegna il 16%: l'Isola è tra le ultime 20 regioni in Europa. La quota di laureati sugli occupati non supera il 20% (22% la media nazionale, 26% nel centro).

Nell’ultimo quinquennio il tasso di disoccupazione giovanile (25-34 anni) in Sardegna è stato pari al 26% contro il 16,6% nazionale.

"È assolutamente necessario intervenire con una programmazione lungimirante che, muovendo dalle ingenti risorse economiche stanziate per affrontare l’emergenza, affronti i deficit regionali con un mix di iniziative mirate sia a breve che a lungo termine. L'occasione del Recovery Plan – continuano Piras e Porcu - va utilizzata anche in Sardegna per avviare le riforme strutturali che incidono nel medio e lungo periodo sulla qualità della vita di cittadini e imprese; in cima a queste il riordino e l’efficientamento della pubblica amministrazione e del sistema amministrativo tutto che va ripensato agendo su capitale umano, semplificazione e digitalizzazione".

(Unioneonline/v.l.)
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