Pecorino Romano Dop, il Centro Studi Agricoli: «Così si affossa la pastorizia sarda»
Scontro sulla modifica del disciplinare. Tore Piana chiede le dimissioni del presidente del ConsorzioPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Nuovo fronte di tensione attorno al Pecorino Romano Dop dopo la modifica del disciplinare pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 ottobre 2025.
La novità, che elimina l’obbligo di utilizzare razze autoctone come la Sarda per la variante prodotta in Sardegna, aprendo invece all’impiego di razze cosmopolite ad alta produttività come Assaf e Lacaune, ha provocato la dura reazione del Centro Studi Agricoli.
Il presidente, Tore Piana, parla di «una scelta gravissima, più politica che tecnica», accusando il Consorzio di aver ignorato la votazione contraria espressa dalla maggioranza dei propri soci nel 2022.
Punta poi il dito in particolare contro il presidente del Consorzio, Gianni Maoddi, chiedendone nuovamente le dimissioni, ricordando come già nel 2023 — durante un incontro a Macomer — avesse colto l’intenzione di ribaltare quella decisione.
Secondo il Centro Studi Agricoli, la modifica mette a rischio l’identità stessa della Dop, «svuotata del suo legame millenario con pascoli e territorio» e indirizzata verso un modello industriale basato su produzioni intensive, alimentazioni importate e latte standardizzato. Un sistema che, avverte Piana, finirà per rafforzare il potere dei trasformatori senza aumentare i guadagni dei pastori, aggravando invece la loro dipendenza da mangimi e foraggi esteri.
«È un’operazione voluta da chi controlla la fase industriale e commerciale della filiera — denuncia il presidente del CSA — mentre si crea una guerra tra pastori, tra allevatori tradizionali e allevatori di stalla. Il vero potere, quello industriale, resta intoccato».
Per il Centro Studi Agricoli, la Sardegna rischia di perdere il suo vantaggio competitivo: «Se il Pecorino Romano diventa un prodotto globale standardizzato, la Sardegna non potrà competere sulla quantità. La nostra forza è nella qualità, nella storia e nella specificità delle razze autoctone».
Per questo, Piana chiede l’apertura immediata di un confronto istituzionale e di filiera: «Questa non è una modifica tecnica, è una scelta che cambia il futuro della pastorizia. Serve una strategia autonoma che tuteli produttori e territorio».
Il Csa annuncia la preparazione di un dossier sul tema e conferma l’intenzione di presentare ricorso contro il nuovo disciplinare al Ministero entro il 25 novembre 2025. Piana conclude ricordando che in Sardegna si producono circa 100mila quintali di pecorini non Dop: «Chi vuole allevare razze come Lacaune o Assaf è libero di farlo, ma quel latte deve essere destinato a formaggi non Dop, non alle tre denominazioni tutelate e ancor meno al Pecorino Romano».
(Unioneonline/Fr.Me.)
