Le imprese sarde continuano a investire, ancora troppo poco, in tecnologie digitali e innovazione. Nel 2024 le realtà isolane che hanno effettuato almeno un investimento in ambito digitale, quindi in tecnologie innovative, modelli organizzativi e processi aziendali, sono state appena 1.161 con una crescita registrata, tra il 2023 e 2024, dello 0,4%.

La flebile crescita dell’Isola risulta essere l’ottava nella classifica nazionale, aperta dal +3,1% della Basilicata e dal 2,4% della Sicilia, contro una media nazionale del +0,6%, chiusa dal -2,4% dell’Umbria.

A rivelarlo un’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Istat, relativa alla digitalizzazione delle imprese tra il 2023 e 2024.

Nel dettaglio il 30,9% delle piccole imprese ha introdotto almeno un’innovazione di prodotto mentre è più diffusa l’innovazione di processo, rilevata nel 50,2% dei casi. L’analisi dice anche come solo il 29,3% delle attività sarde abbia investito in formazione del personale (Isola terz’ultima in Italia) e come il 52,7% delle figure professionali con competenze digitali elevate sia difficilmente rintracciabile sul mercato regionale (media italiana 53,5%). Dal dossier emerge anche come le imprese artigiane, con dipendenti, che utilizzino tecnologie legate all’uso dell’Intelligenza Artificiale siano circa 1.200.

«Negli ultimi anni le imprese hanno compiuto progressi anche se ancora insufficienti per affrontare crisi e nuovi mercati – osserva Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – quindi è evidente quanto sia ancora fondamentale sostenere le attività produttive nel loro percorso quotidiano di innovazione, rinnovamento e ricerca». «Solo così l’intero sistema economico dell’isola potrà diventare sempre più efficiente e pronto ad affrontare i cambiamenti improvvisi - prosegue Meloni - come quelli che stiamo vivendo in questi giorni e ai quali dovremo imparare ad adattarci».

Secondo un’indagine di Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne, a livello nazionale, 35% delle imprese meridionali ha in programma di realizzare investimenti 4.0 nei prossimi tre anni per colmare il gap digitale, contro il 32,8% della media dell’intero Paese. Più difficoltà a recuperare terreno sulla digitalizzazione mostrano, invece, le imprese femminili delle quali appena il 30% punta ad investire in queste tecnologie entro il 2027. A pianificare nuovi investimenti 4.0 sono soprattutto le imprese manifatturiere (40,6%) e, più in generale, le realtà produttive di grandi dimensioni (67,6%).


La propensione al rinnovamento delle realtà produttive sarde, purtroppo ancora insufficiente, è certificata anche dalla residuale quantità di brevetti depositata presso le Camere di Commercio. Nel 2023 quelli registrati furono solo 7 mentre nell’anno precedente ne risultarono depositati 12, con un calo del -43,26%. In generale, in Italia queste registrazioni sono cresciute passando dalle 4.773 del 2022 alle 4.780 del 2023, con un incremento percentuale dello 0,13%, ovvero + 6 depositi.

«Non è più tempo di chiedersi se sia conveniente innovare – rimarca il Presidente – oggi la vera domanda è: qual è il costo del non farlo? Le imprese che rimandano la transizione tecnologica stanno già affrontando conseguenze significative in termini di perdita di competitività. Innovare non significa soltanto adottare nuove tecnologie, ma anche investire nella formazione del personale e nell’aggiornamento delle competenze interne».

(Unioneonline/v.l.)

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