«Serve un piano strutturale o non si va avanti. Serve che la Sardegna e l’Italia si mobilitino nelle grandi battaglie o è a rischio la produzione stessa di cibo». A ribadirlo, da Cagliari, i dirigenti di Coldiretti, riuniti a Cagliari per l’assemblea della Federazione di Cagliari con dirigenti, agricoltori, sindaci e consiglieri regionali. L'incontro si inserisce nel percorso di mobilitazione avviato da Coldiretti in tutta la Sardegna, con l’obiettivo di portare sul tavolo della politica regionale le vere priorità del mondo agricolo, partendo dalle emergenze più immediate fino ad arrivare alle riforme strutturali, troppo a lungo rimandate.

I settori –  Cerealicoltura in difficoltà, pagamenti in agricoltura a rilento, aziende che soffrono per la siccità e la mancanza di infrastrutture, danni crescenti da fauna selvatica. Ma – si legge in un comunicato stampa, «anche i pesanti riflessi sul futuro che arrivano dall’Europa con i gravi rischi che vive il mondo dell’agricoltura nazionale e sarda con le politiche in atto a livello Ue su cui Coldiretti ha già annunciato battaglia». 

La riforma - Davanti a una folta platea di agricoltori, allevatori e istituzioni, sono stati tanti i temi caldi toccati su cui Coldiretti chiede un intervento deciso di programmazione. Riforme dell’assessorato dell’Agricoltura, migliore gestione d'acqua per gli agricoltori, un piano serio per fermare i danni della fauna selvatica che ormai non distrugge solo le coltivazioni ma mette a rischio la sicurezza delle persone, pagamenti ancora fermi che non consentono alle aziende agricole di guardare al futuro, con un rischio concreto di chiusura per molte attività, in particolare per quelle legate all’agricoltura irrigua e per la cerealicoltura.

- Trasporti, tema caldo – Sul versante provinciale il direttore, Giuseppe Casu e il presidente, Giorgio Demurtas, insieme a esponenti di aziende agricole e realtà produttive del territorio, hanno lanciato richieste forti per un’attenzione importante sui temi legati al territorio. Dall’accelerazione dei pagamenti per la cerealicoltura ai sostegni per il trasporto delle merci, con un focus sulle tasse che i trasportatori sardi e le aziende pagano e che ricadono su fatturati e tasche dei cittadini. Ma ancora una gestione virtuosa dell’acqua con politiche mirate a sostenere i Consorzi di bonifica e quelle per un piano infrastrutturale per il settore irriguo, fino al grido d’allarme sui danni della fauna selvatica e le difficoltà delle filiere.

«Discontinuità» –  Dal lato più ampio il presidente Battista Cualbu e il direttore Luca Saba hanno incalzato la politica con una parola d’ordine “discontinuità”. Quella richiesta rispetto al passato con davanti sfide nuove da affrontare con idee innovative. «È necessario avviare un processo di netta discontinuità rispetto al passato per costruire una nuova visione dell’agricoltura in Sardegna», rilanciano Cualbu e Saba. «Serve una stagione di riforme concrete a partire da quelle all’interno della stessa macchina amministrativa e regionale, capaci di guardare con coraggio a ciò che oggi è davvero utile e moderno. Le aziende agricole hanno bisogno di strumenti innovativi di gestione, anche per affrontare con efficacia le sfide dell’internazionalizzazione. Ma per farlo serve un’assistenza tecnica reale, efficace, presente sul territorio, non una burocrazia lontana e inefficiente”.

I pericoli – Anche perché, ricordano presidente e direttore, «non possiamo più rispondere con vecchi schemi a problemi nuovi». Senza politiche efficaci, infatti, non ci saranno persone in agricoltura e interi territori della Sardegna, in particolare quelli interni, sono destinati allo spopolamento e all’abbandono. «È un rischio concreto - avvertono - la popolazione agricola sarda invecchia a grandi passi e oggi il 50% degli operatori ha più di 55 anni e tra dieci anni i dati saranno allarmanti e impone oggi un cambio di passo immediato - concludono - nel frattempo, altre regioni corrono. La Sardegna non può più permettersi di restare indietro anche davanti a politiche europee che rischiano di destabilizzare il tessuto produttivo di una nazione che fa del cibo e del made in Italy uno dei suoi più importanti motori di sviluppo».

(Unioneonline)

© Riproduzione riservata