Nel momento in cui il Manifesto di Ventotene torna al centro del dibattito italiano, celebrato, riletto, talvolta contestato, vale forse la pena accostargli una storia minore, ma non per questo meno rivelatrice. Una storia che attraversa quasi per sbaglio la Sardegna, tocca le mani di Victor Hugo, e ci restituisce un’idea diversa, più poetica ma anche più umana, dell’Europa che avrebbe potuto essere.

Nel giugno del 1870, a pochi giorni dalla dichiarazione di guerra della Francia alla Prussia, Victor Hugo si trova ancora in esilio a Guernesey. Osserva da lontano il mondo precipitare verso un nuovo conflitto, e con la lucidità del poeta e del visionario affida ai suoi taccuini una riflessione che oggi sembra incredibilmente attuale: “C’est le rêve des États-Unis d’Europe”, “è il sogno degli Stati Uniti d’Europa”.

Non era la prima volta che usava quell’espressione. Hugo aveva già evocato, in discorsi e testi pubblici, il sogno di una federazione europea fondata non sulla forza, ma sulla fratellanza tra i popoli. Ma in quei giorni, l’idea prende una forma ancor più precisa, quasi geografica.

In una lettera poco conosciuta, scritta il 29 giugno 1870 e indirizzata all’archeologo sardo Pietro Tamponi, Hugo afferma con straordinaria semplicità che anche “la Sardaigne y aura sa place.” Anche la Sardegna avrà il suo posto.

La lettera, conservata oggi alla Biblioteca Universitaria di Cagliari, è una delle testimonianze più sorprendenti e sincere del pensiero europeo di Hugo. Non si tratta di una dichiarazione pubblica, né di un proclama politico. È una risposta personale, accorata, piena di gratitudine e idealismo. Hugo descrive la Sardegna come una “nobile terra”, abitata da “nobili figli”, e collega direttamente quella regione periferica al destino comune di un’Europa finalmente civile, libera, giusta. Il tono non è retorico, ma vibrante. Si percepisce in filigrana l’urgenza di un sogno che cerca una forma.

E proprio grazie all’attento e rigoroso lavoro del ricercatore Liano Petroni, che ha studiato e pubblicato questa corrispondenza in un articolo accademico di straordinaria chiarezza, oggi possiamo ricostruire con precisione i contorni e il significato di questo scambio epistolare. Petroni ne ha indagato il contesto storico, le implicazioni simboliche e le connessioni possibili tra Hugo, l’Italia, e il Risorgimento.

E forse non è un caso che Hugo abbia scelto proprio un archeologo come interlocutore. Tamponi, figura per lo più dimenticata, abitava nei pressi di Caprera, vicino a Giuseppe Garibaldi — con cui Hugo intrattenne un rapporto epistolare di reciproca ammirazione. In Tamponi, forse, Hugo vedeva l’Italia del Risorgimento: non quella dei proclami politici, ma quella della dignità silenziosa e della cultura come strumento di liberazione. Ma la storia non finisce qui. Anzi, prende una piega ancora più affascinante. Nel luglio 2023, mentre sfogliavo il catalogo di un’asta parigina di Drouot, mi sono imbattuto in un documento sorprendente: un passaporto ufficiale rilasciato a Victor Hugo nel 1840 per viaggiare proprio in Sardegna. Il documento reca tutti i timbri in regola, è firmato, vistato dall’ambasciata del Regno di Sardegna a Parigi. Il 28 agosto Hugo ottiene il visto. Ma il giorno dopo, il 29 agosto, parte invece per la Germania, lungo il Reno. Lì raccoglierà materiali per un’opera che diventerà Le Rhin, pubblicata due anni dopo.

Il viaggio in Sardegna, dunque, non avviene. Ma resta tutto: l’intenzione, la documentazione, il progetto. Perché Hugo voleva andare in Sardegna? Alcuni indizi suggeriscono che non fosse un semplice capriccio turistico. Hugo aveva giù deciso di lavorare a un nuovo volume poetico, forse un ibrido tra diario di viaggio, riflessione storica e paesaggio interiore — come farà appunto per il Reno. Si era preparato, aveva chiesto il visto con largo anticipo. Ma per una ragione pratica — si suppone un ritardo nella consegna del documento — il viaggio slitta, e la Sardegna resta fuori dalla rotta. Al suo posto, ci sono le mucche del Reno, come annota con delusione lui stesso nei taccuini. Ma l’idea c’era. E forse non se ne andò mai del tutto.

Così, nel 1870, trent’anni dopo, la Sardegna torna nei suoi pensieri, non più come meta fisica ma come luogo ideale. Hugo non ha bisogno di esserci stato: nella sua visione, la Sardegna è già parte dell’Europa futura. Un luogo che ha combattuto, che ha memoria, che ha dignità. Un’isola che può — e deve — avere il suo posto negli Stati Uniti d’Europa. Non è solo generosità poetica. È intuizione politica. È capacità di vedere, in un dettaglio periferico, il riflesso di una civiltà più ampia.

Nel nostro presente, in cui l’idea d’Europa sembra oscillare tra freddezza tecnocratica e utopie stanche, vale la pena recuperare questa pagina dimenticata. Victor Hugo non era un federalista nel senso moderno, né un politico di professione. Ma seppe immaginare un’Europa che fosse non solo un mercato, ma una comunità morale. E lo fece con il linguaggio che conosceva meglio: la poesia, le lettere, i gesti simbolici.

Anche un passaporto mai usato può dire molto, a distanza di secoli. La coincidenza è quasi troppo perfetta: un documento firmato da Hugo, con scritto “destination: Sardaigne”, e una lettera in cui scrive che la Sardegna avrà il suo posto nel progetto europeo. Sembrano le due metà di una promessa mai compiuta. La parte politica — il Manifesto di Ventotene — l’abbiamo celebrata a lungo. Forse è il momento di riscoprire anche la parte poetica: quella fatta di slanci, errori di viaggio, indirizzi sbagliati, lettere non pubblicate. È lì, in quelle zone d’ombra, che a volte si nasconde la parte più vera dell’Europa.

E in fondo, che cos’è l’Unione Europea, se non un’enorme corrispondenza tra isole che ancora si cercano? Victor Hugo non arrivò mai in Sardegna. Ma oggi, grazie a una lettera e a un passaporto conservati quasi per sbaglio, possiamo dire che la Sardegna — almeno nei suoi pensieri — ci arrivò eccome. E forse è questa la lezione più ironica e preziosa di tutte: che un’idea può anche non mettere piede a terra, eppure lasciare un’impronta indelebile. Basta un timbro. E un sogno con l’indirizzo giusto.

Simone Falanca – Studioso e scrittore

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