Il grande pubblico è abituato a vederli in ruoli comici, a riconoscerli nel duo “Pino e gli anticorpi”. Sotto la guida di Bonifacio Angius, i fratelli Stefano e Michele Manca hanno dato vita a una convincente e interessante prova in ruoli drammatici. 

Come è stato calarvi in una parte tragica?

“Prova divertente. Per noi la recitazione equivale a esplorare. E quando questo mondo è nuovo, ci divertiamo ancora di più”.

La prima volta sotto la guida di Bonifacio Angius.

“Ci ha stimolato molto il cambio di registro che ci ha proposto rispetto alle nostre abitudini. Va riconosciuto un grande merito a Bonifacio. Il suo modo di lavorare è produttivo e proficuo. Ha sempre avuto le idee molto chiare, e soprattutto ci ha lasciato liberi di interpretare i nostri personaggi”.  

Come avete familiarizzato con i vostri personaggi? 

Michele: “L’ho pensato come un essere di cristallo, molto duro e molto fragile. Queste le cifre stilistiche, molto naturali, sulle quali ho lavorato”. 

Stefano: “Innanzi tutto c’è da dire che tutti i protagonisti hanno in comune sia un profondo dolore sia un marcato disagio. Ognuno di loro ha adottato delle strategie diverse per uscirne. Il mio personaggio è diverso rispetto agli altri: socialmente ce l’ha fatta, è entrato in politica, è diventato un pezzo grosso. Tutto questo ha un prezzo: è privo di scrupoli, ha preferito sacrificare un amico per andare avanti. Nelle sue caratteristiche negative, mi ha dato la possibilità di essere come non sono nella vita. Catartico”. 

Cosa accomuna i cinque caratteri narrati?

“Il dolore che si tramanda di generazione in generazione”.

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