L’Università di Sassari a caccia di tesori in fondo al mare
Il progetto di archeologia subacquea dell’ateneo sardo: “Patrimonio da scoprire, tutelare e valorizzare”Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Si dice che ci siano più navi in fondo al mare di quante non ce ne siano sopra. Di certo, il patrimonio sottomarino è immenso e all’Università di Sassari l’archeologia subacquea è un insegnamento previsto nel corso di laurea magistrale in Scienze dei beni culturali e nei corsi della scuola di specializzazione post laurea nella sede di Oristano.
“È un percorso che riguarda l’approfondimento delle discipline archeologiche subacquee, dei paesaggi costieri e la storia della navigazione”, spiega il docente Pier Giorgio Spanu.
I relitti e i tesori in fondo al mare sono un patrimonio da riscoprire, tutelare e soprattutto da valorizzare. Così di recente è stata istituita la Soprintendenza Nazionale per il patrimonio subacqueo con sede a Taranto. L’organismo, guidato da Barbara Davidde, sta definendo in questi giorni la rappresentanza nelle regioni ma intanto ha avviato l’attività di tutela e catalogazione del patrimonio sommerso.
Tra i progetti in atto uno interessa direttamente la Sardegna: si chiama Amphitrite, come la dea regina del mare, e riguarda la valorizzazione dei beni culturali nella zona di Capo testa-Punta Falcone. Su questo progetto, presentato a Santa Teresa di Gallura alla fine dello scorso luglio, è stata chiamata a collaborare l’Università di Sassari. Gli archeologi subacquei sono impegnati poi negli scavi all’estero; solo qualche anno fa i ricercatori sassaresi e gli studenti della scuola di specializzazione di Oristano hanno scoperto in Tunisia, nel golfo di Hammamet, le tracce di Iulia Neapolis, una delle maggiori città romane d’Africa, sommersa nel quarto secolo dopo Cristo a causa di un devastante terremoto. È emersa una città con i suoi reticoli di cardi e decumani, estesi per una ventina di ettari, e poi una serie di vasche utilizzate per la lavorazione del pesce da trasportare in anfore di terracotta nel Mediterraneo.
Nonostante i successi degli archeologi subacquei non mancano le difficoltà: “Siamo un po’ bloccati nella ricerca”, dice Spanu, “per il rallentamento dei finanziamenti. Durante il periodo Covid c’era stato uno stop, ora ripartiamo. Purtroppo anche le ricerche archeologiche subacquee sono regolate dalle concessioni ministeriali e questo complica le cose: non possiamo avere più di tre direzioni di scavo”.
Il corso di laurea è stato molto apprezzato dai giovani ma ora gli iscritti sono diminuiti: “Si tratta di un calo fisiologico”, spiega Pier Giorgio Spanu, “ci sono meno studenti perché la nostra è una scuola di specializzazione ed è diminuito il numero dei laureati”.
Alfredo Franchini