Da poco in libreria, La figlia (Riccardo Condò Editore) conferma Anna Steri, premio Internazionale di Letteratura Alda Merini 2017, come una voce capace di scavare negli abissi della psiche umana.

Il suo nuovo romanzo non è un thriller convenzionale: il terrore prende forma dalle ombre interiori che abitano madri e figlie, in un dramma claustrofobico che si dipana in appena ventiquattro ore, ma affonda le radici in un trauma rimasto irrisolto di ventisei anni prima.

La narrazione inizia con un quotidiano apparentemente tranquillo, ma minato da un evento imprevedibile che fa scattare un flashback intenso e travolgente.

Steri scrive con una tensione cinematografica: frasi asciutte, dialoghi serrati come duelli psicologici, sguardi che parlano più di mille parole.

Ambientato in una provincia americana indefinita, in un’epoca pre-digitale, il romanzo prende forma dai suoi personaggi: la protagonista non è un mostro, ma una donna lacerata da un lutto indicibile, costretta a convivere con una verità impossibile da accettare: un “compromesso con la follia”.

Steri esplora con crudele sensibilità come il dolore possa deformare la realtà, trasformandola in un fragile rifugio, e come la follia diventi insieme prigione e meccanismo di sopravvivenza.

Il finale sorprende, invitando il lettore a confrontarsi con il sottile confine tra equilibrio e follia. La figlia è un viaggio agghiacciante e commovente, dove la paura non si racconta, ma si respira, nelle stanze più oscure dell’animo umano.

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